giovedì, settembre 25, 2008

La crisi finanziaria americana e il marketing politico di Sarkozy


Il Gigante scricchiola? E' questo l'interrogativo che tutti noi, uomini comuni, ci poniamo osservando le difficoltà finanziarie che stanno scuotendo le stesse fondamenta del sistema capitalistico americano. Un vero e proprio terremoto che ha costretto la Casa Bianca ad investire la stratosferica cifra di 700 miliardi di dollari nel tenativo di salvare il salvabile. Il sistema reggerà? Ovvero, basterà questa salutare iniezione di denaro pubblico per evitare che l'economia statunitense collassi definitivamente?

In attesa delle risposte che solo il tempo potrà darci, una cosa comunque è certa: è vero che non siamo alla fine di un'epoca nel senso che lo strapotere e l'egemonia degli americani, nonostante i catastrofismi oggi molto di moda, continueranno ancora per molti anni a dispiegarsi in tutto lo scibile umano (dalla economia alla scienza, dallo sport al cinema, etc..), ma è altrettanto vero che a causa dell'attuale crisi il brand Usa ha subito un leggero ma significativo declassamento. Nell'immaginario collettivo la superiorità a stelle e strisce, infatti, non rasenta più l'infallibilità, ma viene ormai percepita in una dimensione sicuramente più umana e quindi in quanto tale potenzialmente soggetta ad una naturale decadenza.

Il ragionamento che commerciale non è, può e deve comunque essere posto, soprattutto da noi europei, anche in termini di marketing. Voglio dire che alle attuali difficoltà americane è normale che l'Europa debba rispondere con un nuovo posizionamento sullo schiacchiere mondiale facendo leva sui propri punti di forza. E' quello, in sostanza, che sta tentando di fare Sarkozy chiedendo alla comunità internazionale in generale e agli Stati Uniti in particolare, la modifica di alcuni comportamenti che rischiano di minare la sicurezza economica non solo oltreoceano ma anche in Europa. La proposta di ricercare regole comuni nella gestione e soprattutto nel controllo degli affari finanziari, viaggia proprio lungo questa direzione poiché sottintende che il modello normativo del Vecchio Continente è sicuramente vincente nel confronto con quello americano. Insomma, il presidente francese sta dando una lezione all'America, di conseguenza sta riposizionando in meglio il brand europeo.

Ma particolare non indiferrente e che alla fine risulterà determinante nel convincere il gigante statunitense a seguire la via europea degli affari, è che lo spirito con cui Sarkozy sta accompagnando questa sua proposta non è tipicamente francese ovvero di presuntuosa superiorità rispetto al proprio interlocutore, bensì di amicizia nei confronti di una nazione e di un popolo da sempre nostri amici e a cui proprio noi europei molto dobbiamo. Un popolo e una nazione che in situazioni di crisi possono trovare appunto nell'amica Europa le risposte giuste alle loro difficoltà. Il tutto nel nome e in difesa di una comune, ancorché condivisa visione del mondo oggi più che mai minacciata dall'insorgere di nuove potenti derive antidemocratiche (Cina e Russia) e di minaccie totalitarie (terrorismo islamico).
Insomma, Sarkozy rilancia il sogno americano ma con un marchio tutto europeo. In termini di marketing, un'operazione strategicamente perfetta.

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