giovedì, novembre 06, 2008

Vomito da Obamite



Mi viene da vomitare. Sono malato. Ma la mia è una malattia di riflesso. Sono vittima, infatti, degli effetti collaterali di una epidemia mondiale: l'Obamite. L'infezione è dilagante. Fortunamente ne sono rimasto immune. Solo che stare vicino a chi ne è infetto mi causa incredibili stravolgimenti di stomaco. Purtroppo mi è difficile sfuggire al contagio perché, ahimé, vivo nel Paese maggiormente colpito da questo virus. Che, peggio della senilità precoce o dell'Alzheimer, divora avidamente i neuroni del cervello azzerando le capacità cognitive dei malati. Praticamente, chi si ammala di Obamite rincoglionisce.


Purtroppo di casi eclatanti ne esistono già parecchi. Prendete, ad esempio, Liberazione. Ieri ha aperto con una foto a tutta pagina del 44° Presidente degli "Steiz" accompagnata dal titolo "Forza Obama". Si Liberazione, l'organo d'informazione che ancora oggi si definisce orgogliosamente comunista, pacifista per vocazione, inneggia al neo Comandante in Capo della più potente macchina da guerra mai vista sulla faccia della terra, nonché Presidente della Nazione più capitalista che ci sia. Cosa sperano quelli di Liberazione che Obama si tatui il Che sul braccio, bombardi Wall Strett, si allei con Fidel Castro, dia asilo politico al Sub Comandante Marcos, bruci in piazza la bandiera a stelle e striscie e infine abbatta la Statua della libertà sostituendola con la salma mummificata di Lenin per la gioia di Diliberto e compagni? Appunto, come volevasi dimostrare, l'Obamite rinconglionisce e rincoglionisce a tal punto che è praticamente inutile provare a spiegare loro che, in un'ottica comunista, Obama, nonostante il colore della sua pelle, è e resta americano nel senso più dispregiativo del termine!!!


E che volete che vi dica del rincoglionimento del buon Vuolter, di cui, per la verità, si erano avuti i primi evidenti sintomi già prima dell'elezione del neo presidente statunitense? Un conto è dire sto con Obama, mi riconosco nel suo progetto politico, ne condivido la visione del mondo. Altro è, invece, organizzare al Pantheon, nel cuore di Roma, una festa per la sua elezione. Che ci azzecca? Che cazzo mi festeggi? Forse Obama risolverà i problemi del nostro Paese, farà decollare l'Alitalia, riformerà la scuola, darà più soldi ai pensionati italiani, farà vincere il PD alle prossime elezioni? Non credo che il buon Vuolter sia convinto di tutto questo. Credo piuttosto che il suo sia stato uno sberleffo a Berlusconi che, invece, ci teneva tanto alla vittoria di McCain. Insomma, come quando il Milan perde la Coppa dei Campioni e gli interesti scendono in piazza per festeggiare. Rincoglioniti, appunto.

Ma c'è anche l'Obamite alla rovescia, variante altrettanto pericolosa e contagiosa del virus originale, che, come un riflesso anticonformista, colpisce anch'essa rapidamente al cervello. Predete Gasparri che ad elezione avvenuta se ne è uscito con un "Ora Bin Landen sarà contento". Si può?

Potrei continuare. L'elenco di rincoglionimenti purtroppo è lungo. Ma mi fermo qui. Per oggi ho vomitato abbastanza!!!

martedì, novembre 04, 2008

USA, un nero Presidente e la falsa vittoria dei nemici di ieri


I riflettori di tutto il Mondo stasera saranno puntati oltreoceano. Sarà stasera, infatti, che si deciderà il nuovo inquilino della Casa Bianca, il 44° Presidente degli Stati Uniti d'America. L'attesa è a dir poco spasmodica. Tutto il Pianeta è col fiato sospeso in vista del count down finale che sancirà la conclusione di una megaspettacolare campagna elettorale durata due lunghissimi anni.

Il fascino delle elezioni americane coinvolge tutti. A Roma, per esempio, sono numerosissimi gli eventi pubblici organizzati per assistere in diretta all'evento. Nei cinema, negli hotel, nelle sale consiliari delle Circoscrizioni, fin'anche nei salotti privati, i dati provenienti da Washingthon daranno il via a discussioni, analisi e commenti inarrestabilmente fluviali. Un'onda autentica, anzi una vera e propria onda anomala al cui cospetto l'Onda studentesca apparirà davvero poca cosa.

Mi sembra tutto esageratamente esagerato, anche perché, a differenza di quanto si sostiene in Italia, credo che l'elezione dell'uno quanto quella dell'altro cambierà di appena uno zero virgola la posizione degli Stati Uniti d'America nel mondo. Barack o John, le differenze saranno, infatti, minime, specie in politica estera dove, a dispetto delle apparenti divisioni di parte, l'interesse nazionale continuerà ad essere preminente su ogni cosa.

La verità è che tutto sto clamore ha una giustificazione ancora più profonda, inconscia se vogliamo: l'attesa è cosi spasmodica poiché per la prima volta nella storia un NERO rischia davvero di diventare Presidente non di una nazione qualsiasi, ma della più grande, potente e ricca nazione dell'Occidente. L'unicità di questa elezione, così come la morbosa curiosità con cui il Mondo intero la sta seguendo, è conseguenza di questo particolare e di nient'altro. Il fallimento delle politiche repubblicane centra poco. L'interventismo militare di Bush men che meno, così come la crisi dei mercati finanziari. Tutto dipende dalla possibilità (a sto punto molto realistica) di vedere un NERO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA.

Annientati nazismo e fascismo, battuto il comunismo, in lotta col terrorismo, alla società americana mancava soltanto l'elezione di un Presidente di origini africane per riaffermare se stessa, il proprio sogno, la propria visione del mondo. La vittoria di Barack Obama darà, dunque, ragione storica ai padri fondatori degli Usa e renderà giustizia definitiva alla scelta democatrica e capitalistica.

Tutti i nemici di ieri oggi già fanno a gara per incontrare ed abbracciare l'amico Barack. Ugo Chavez, con la benedizione di Fidel Castro, dichiara: "Quiero hablar con el negro". Ahmadinejad non dichiara, ma il suo silenzio in questo momento vale più di qualsiasi parola.

E qui in Italia, Vuolter festeggia come se la vittoria del nero fosse una sua personale vittoria e non di tutti quelli che, come me, hanno sempre creduto negli States anche quando Vuolter e compagni ci raccontavano che un mondo migliore era possibile e che quel mondo si chiamava UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE!!!
P.S. Ma poiché di elezioni si tratta e più segnatamente di elezioni americane, io aspetterei prima di cantare vittoria. Gli States, infatti, non sono nuovi a clamorose sorprese. In fondo il popolo americano sa scegliere liberamente anche a dispetto delle posizioni assunte dai poteri forti del Paese (media, multinazionali, estabilishement militare, etc..) che in questa particolare circostanza si sono tutti schierati pro Obama. La eventuale, anche se difficilissima, vittoria di McCain avrebbe pertanto un sapore ancora più bello: sarebbe un vero trionfo democratico voluto dalla gente comune contro chi conta e comanda!!!

lunedì, novembre 03, 2008

La verità secondo Repubblica


Quella scorsa è stata una settimana davvero intensa. Manifestazioni, scioperi, cortei, scontri, risse politiche, risse televisive e chi più ne ha più ne metta. Ci sarebbe stato molto da scrivere. Purtroppo, causa impegni personali, me la sono persa. Direte: e chissenefrega. Giusto.

Ma ora vorrei ritornare brevemente sugli scontri di piazza Navona per focalizzare la vostra attenzione su un dettaglio che credo sia sfuggito ai più. Si tratta della foto che accompagna questo post e che è stata pubblicata giovedì da Repubblica con la seguente didascalia: uno dei giovani di destra col bastone in mano bloccato da altri studenti. Guardate bene la foto: S T U U U U D E E E N T I ????????? A parte il fatto che, come dimostrato dai mille video in circolazione, non mi sembra proprio che lo stessero bloccando, semmai caricando. Ma indipendentemente da ciò, li avete visti bene in faccia quelli lì? Avranno non meno di 40 anni ciascuno e Repubblica li chiama studenti.

Possibile che la redazione che ha curato quella pagina non se ne sia accorta? Possibile che a nessuno dei giornalisti di Repubblica sia venuto il sospetto che a mettere in mezzo quel deficiente col bastone in mano non fossero stati altri studenti bensì uomini maturi, senz'altro esponenti dei centri sociali romani?

Ora capisco che Repubblica debba portare acqua al proprio mulino. Capisco pure l'antifascismo militante che pervade ogni meandro del giornalone capitolino. Ma non riesco proprio a capire come si fa a manipolare così spudoratamente la verità negando l'evidenza dei fatti. Anzi...lo capisco ed è per questo che non compro, né mai comprerò Repubblica. Se trattano così le foto, figuriamoci le notizie....

lunedì, ottobre 27, 2008

Pinocchio Veltroni e l'inadeguatezza della sua leadership


Il balletto dei numeri. Due milioni e mezzo per gli organizzatori, appena duecentomila per le forze dell'Ordine. Ancora oggi, a distanza di due giorni dalla manifestazione del Pd a Roma, non si capisce bene quante siano state le persone affluite sabato pomeriggio al Circo Massimo. Ma il sospetto che siano state molte, ma molte di meno di quelle annunciate troppo entusiasticamente da Valter Veltroni, è davvero grande.

Se è vero, infatti, che ogni metro quadrato di superficie può contenere non più di 4 persone e se è altrettanto vero che l'area del Circo Massimo è di 140.000 mq, allora il conto è presto fatto: nella migliore delle ipotesi al raduno del Pd hanno partecipato circa 560.000 persone. Da qui non si scappa.

Pinocchio Veltroni ieri si è risvegliato con il naso più lungo.

Mi chiedo come si fa a mentire così spudoratamente sapendo benissimo di poter essere subito smentito, non dal nemico Berlusconi, bensì dalle leggi della fisica. Mah...

Tuttavia voglio essere scemo e quindi voglio bermi tranquillamente le bugie del leader del Pd. Cosa cambia? Voglio dire: quale messaggio si è voluto lanciare agli italiani evidenziando la grandezza di quei numeri? Che forse il Governo di centrodestra non gode più della fiducia della maggioranza del Paese? Ricordo che alle primarie "farsa" dello scorso anno parteciparano in tre milioni e mezzo. Poi, però, alle elezioni le cose andarono come andarono: il Pdl vinse, anzi stravinse.

Insomma, non è rimpiendo le piazze che si diventa maggioranza di governo.

La realtà è che Veltroni ste cose le sa bene e il suo intendimento non è stato misurare il grado di fiducia degli italiani nei confronti di Berlusconi, bensì quello del Pd nei suoi. E qui sta il punto: l'aver voluto enfatizzare l'evento di sabato scorso ogni oltre verosimile misura numerica sconfinando di fatto nella menzogna clamorosa, ovvero nella bugia tipicamente puerile poiché solo i bambini si inventano storie così talmente incredibili, ha prodotto un solo effetto: aggiungere ulteriori argomenti alla inadeguatezza della sua leadership.

Insomma, la festa è davvero finita e Dalema, sornione, se la ride sotto i baffi.

giovedì, ottobre 23, 2008

Ma Barack che ci azzecca?


Apprendo dai giornali che la manifestazione del Pd di sabato al Circo Massimo sarà ovviamente in perfetto Veltroni Style. Un palco enorme, star e starlette dello spettacolo ed una passerella, che, squarciando in due la folla, consentirà ai testimonial di questa kermess di sfilare uno alla volta in mezzo al popolo del Pd.

E fin qui nulla di strano. Poi leggo che la cornice dell'evento sarà rappresentata da quattro gigantografie dedicate nell'ordine a Vittorio Foa, Roberto Saviano, Ingrid Bentacourt e Barack Obama.
A sto punto rifletto e dico. Giusto l'omaggio a Vittorio Foa. L'icona di Roberto Saviano esibita quale simbolo antimafia rientra tuttosommato in una lunga tradizione della sinistra italiana. Comprensibile, anche se leggermente fuori luogo e decisamente fuori tema (il titolo della manifestazione è infatti "Salviamo l'Italia)", la presenza iconografica della Betancourt come richiamo all'impegno umanitario.
Ma Barack Obama che ci azzecca? Quale valore richiama? Cosa centra con una manifestazione che vuole essere solo e soltanto una protesta contro le politiche del Governo Berlusconi? Fossi Francesco Totti mi incazzerei di brutto. La sua foto, nel cuore della sua Roma, avrebbe avuto più senso. Tra l'altro, Vuolter un posto in prima fila al matrimonio del Pupone ce l'ha avuto addirittura nella qualità di testimone di nozze. Perché mai Francesco non dovrebbe averlo il giorno del funerale politico dell'amico Vuolter? Ed, invece, no. Meglio Barack...
Ma tant'è, che volete che vi dica. Aspettiamo sabato e poi capiremo. Vuolter ce lo spiegherà il perché di questa presenza a stelle a striscie, o no? Penso proprio di si. L'ha voluta direttamente lui, così come, credo, sia stata una sua scelta personale anche la colonna sonora dell'evento. A tale proposito, mi viene un dubbio: chissà se nella scaletta avrà inserito anche quella famosa canzona napoletana il cui ridondante ritornello fa: "...tu vo fa l'americano, mericano, mericano...ma si natu in Italy...senti a me nun ce sta niente a fa...tu vo fa l'america'" !!!!

mercoledì, ottobre 22, 2008

La Pantera e le Colombe


Una prevaricazione. Un abuso. Un sopruso. Una prepotenza. Una vera e propria violenza. Picchettare gli istituti scolastici e le università equivale a tutto questo. Equivale ad impedire a chi la pensa diversamente di esercitare i propri diritti, le proprie sacrosante libertà.

Domani gli studenti italiani ci riproveranno. Si piazzeranno davanti alle loro scuole e ai loro atenei e ne okkuperanno gli ingressi.

Non è il merito della protesta che ci interessa. Ognuno è libero di pensarla come vuole. Ma i discutibilissimi metodi con cui la si vorrebbe portare avanti. Metodi da squadristri, da nazi-fascisti, da comunisti stalinisti: qui comandiamo noi e a nessuno è data la possibilità di dissentire. Altrimenti, giù con le randellate. In quattro parole: violenza allo stato puro.

Un conto è manifestare, scioperare, sfilare in corteo, dissentire, inveire contro. Altro è, invece, utilizzare la forza per imporre le proprie ragioni. E di questo stiamo parlando. O no?

Negli anni delle Okkupazioni con la K ero studente universitario anche io. Il focolaio della protesta (contro la riforma Ruberti) si accesse a Palermo, si estese poi in tutt'Italia, passando anche da Messina, dalla mia facoltà, scienze politiche.

Li ricordo gli occupanti. Molti indossavano l'eskimo, qualcuno aveva i capelli rasta, altri vestivano più conformemente, parecchi rullavano, tutti filosofeggiavano. Li vedevi lì bivaccare tra aule e corridoi, discutere animosamente di minimi e massimi sistemi, con quell'aurea da dotti, da sapientoni, da chi insomma la sa lunga mentre tutti gli altri sono soltanto fessi e ignoranti.

Ma non erano la maggioranza Erano soltanto una minoranza che con la forza impediva al resto della facoltà di proseguire regolarmente con gli studi.

Non si trattò di un giorno, né di una settimana. L'occupazione andò molto oltre facendo saltare diverse sessioni di esami.

Ma col passare del tempo, tra i non occupanti incominciò a montare un certo malumore, che man mano si andò trasformando in una vera e propria ondata di controprotesta. C'era chi rischiava di vedersi slittare anche di un anno la laurea. Chi, invece, più miseramente temeva di partire militare non potendo dare la seconda preziosissima materia. Ma c'era anche chi riteneva non giusta quell'occupazione in quanto violenta. Appunto.

Fatto sta che un bel dì un gruppetto di studenti (una quindicina circa) formatosi spontanaemente lungo i corridoi della facoltà decise di rompere la tregua e di passare all'azione. Dieci di loro si diressero verso l'aula magna dove si stava tenendo l'ennesima assemblea. Entrarono correndo e urlando slogan a favore della liberazione. Furono momenti di altissima tensione. Si rischiò lo scontro fisico, anche perché dalla presidenza, cabina di regia dell'occupazione, scesero i rinforzi pro-occupanti.

Bingo. Il pesce aveva abboccato. I cinque che del gruppetto non avevano partecipato all'irruzione, si diressero, infatti, verso la stanza del Preside di Facoltà (momentaneamente lasciata sguarnita), si chiusero dentro a chiave e utilizzando il fax cominciarono a mandare iil seguente messaggio alle università di mezza Italia: Scienze Politiche, Messina, DISOKKUPATA.

Mezz'ora dopo intervenne la Digos. L'ordine pubblico ormai era stato ineluttabilmente messo a rischio. Si temevano incidenti. Di conseguenza, la facoltà fu sgomberata. Tutti fuori. Scienze Politiche ritornò libera.

Il giorno seguente i giornali e le televisioni locali titolarano: le Colombe liberano Scienze Politiche.

Non so perché scelsero quel termine (Colombe). Ma di sicuro non sbagliarono. Partecipando a quell'azione di controprotesta mi sembrò infatti di spiccare il volo verso la libertà: avevamo riconquistato uno spazio che altri avevano voluto occupare solo con la forza e la violenza.

martedì, ottobre 21, 2008

Brevi pensieri in libertà


Dipietro fascista ma sta a sinistra.
I missini che danno del democristiano a Fini.
L'ex comunista Veltroni che ama l'ex odiata America.
L'anticomunista Berlusconi che si prende per mano col sovietico Putin.
Il liberista Tremonti che tuba con la Destra Sociale.
Il Catania in Champion League e la Juve in zona retrocessione.

Un'Italia alla rovescia.

lunedì, ottobre 20, 2008

Preferivo il Riformista originale


Lo preferivo com'era prima. Un giornale di nicchia, dalla grafica austera, poche pagine e molti ragionamenti. Insomma, un quotidiano pensante, piacevole da leggere, piacevolissimo da maneggiare, intellettualmente e politicamente autorevole, un pò come il Foglio e come quest'ultimo orgogliosamente elitario in quanto rivolto alla classe dirigente del Paese e non alle masse.
Oggi è tutta un'altra cosa, un quotidiano generalista, uno come molti altri, anzi peggio di molti altri.

Parlo del Riformista che stamattina è arrivato nelle edicole nella sua nuova versione. Detto senza molte perifrasi, non mi piace. Detto ancora più ferocemente, mi sa tanto di giornaletto free-press di quelli che distribuiscono gratuitamente in metropolitana. Grafica e impaginazione scadenti, contenuti insufficienti per un quotidiano "normale" (solo 32 pagine), scarsissima qualità della carta.
La scommessa di Polito (e forse anche di Dalema) può essere sintetizzabile nella seguente equazione: il nuovo Roformista vorrebbe stare al PD come Libero sta al PDL. Di fatto, si vorrebbe soppiantare l'Unità con la recondita speranza di rosicchiare, giorno dopo giorno, copie e lettori anche alla corazzata Repubblica.

Vedremo. Ma se il buongiorno si vede dal mattino....caro Polito...buonanotte!!!

giovedì, ottobre 16, 2008

I fischi tunisini e l'Eurabia della Fallaci

I tunisini hanno fischiato la marsigliese. Lo hanno fatto in occasione dell'amichevole di martedì sera tra la loro nazionale e quella francese allo Stade de Paris. Fischi impressionanti. Un autentico boato. Erano molti, moltissimi. Quasi metà stadio. Il problema è che la stragrandemaggioranza di loro risultano essere tunisini di seconda e terza generazione. Quindi, tunisini nati in Francia, ergo cittadini francesi.
Alla faccia dell'integrazione.

Per una bandiera bruciata a Sofia, qui in Italia si è scatenato il puteferio. Giusto. Gesto deprecabile da condannare senza possibilità di appello. Ma mi chiedo, rispetto a quanto accaduto l'altra sera a Parigi, dove sono andate a finire le cassandre italiche dell'antifascismo militante, che poi sono le stesse dell'integrazione a tutti i costi e costi quel che costi? Tutti zitti e acqua in bocca.

La Fallaci aveva ragione. L'Eurabia non è un'invenzione letteraria. E' la realtà.

I fischi dell'altra sera dei tunisini non rappresentano un fenomeno isolato. Sempre a Parigi e sempre in occasione di amichevoli tra nazionali di calcio (amichevoli?), si erano già esibiti in assordanti dissensi sonori, prima gli algerini (2001) e poi i marocchini (2007). Anche in quelle circostanze, i tifosi ospiti altro non erano che francesi nati e cresciuti nelle banliue parigine.

Alla rifaccia dell'integrazione.

Ci sono popoli e popoli, culture e culture. C'è chi si integra perfettamente nel paese ospitante, chi di integrazione, invece, non vuole sentirne parlare.

In occasione della sfida tra Argentina e Italia ai mondiali del 1978, fu chiesto ad un italoargentino cosa sarebbe successo allo stadio di Buenos Aires in caso di goal. Quello rispose: "Semplice: se segna l'Italia esulteremo in quarantamila, se segna l'Argentina esulteremo in ottantamila".

Ora, care cassandre di cui sopra, non venitemi a raccontare che anche noi siamo stati un popolo di emigrati. Noi lo siamo stati davvero, gli altri, invece, lo devono ancora dimostrare.

P.S. Per la cronaca e per chi lo ricordasse, ad esultare furono poi soltanto in quarantamila per una magica zampata di Roberto Bettega.

mercoledì, ottobre 15, 2008

Dieci, cento, mille Saviano.Ma credo non basterebbero...


Saviano è costretto a scappare dall'Italia. La fatwa lanciatagli dai casalesi lo costringe a fuggire lontano dal suo Paese e quantunque sia organizzata e protetta dallo Stato, sempre di fuga si tratta. Che tristezza.

Scappa Roberto. Scappa più veloce che puoi. Ma non smettere di farci sentire la tua voce.

Vorrei dieci, cento, mille Saviano. Ne vorrei in Campania, in Sicilia e nella mia amatissima Calabria. Ma credo non basterebbero. Quelli lì, sono un vero e proprio tumore. Ne becchi cento, ne spuntano mille. Metastasi che si riproducono continuamente.

Una volta un mio amico milanese mi disse: "io so come risolvere il problema della 'ndrangheta". Come? "Facile, prendiamo tutti i calabresi e li trasferiamo in Svezia. Poi prendiamo tutti gli svedesi e li portiamo in Calabria".

Facile, appunto!!!

lunedì, ottobre 13, 2008

Ora vi dico come la penso sulla crisi dell'ippica


Da una settimana l'ippica italiana è ferma. Ippodromi chiusi e corse annullate. E' in atto uno sciopero generale dei 70 mila addetti al mondo dei cavalli. La protesta nasce dalla profonda crisi che da anni attanaglia il settore. La maggior parte delle scuderie sono parecchio indebitate, mentre drivers e fantini, ad eccezione di pochi fortunati campioni, non riescono più a mettere assieme il pranzo con la cena. I sindacati di categoria chiedono l'intervento dello Stato per un rilancio del mondo dei cavalli, partendo innanzitutto da una decisiva ed efficiente riorganizzazione dell'Unire, l'ente, vigilato dal Ministero dell'Agricoltura, che finanzia l'ippica nazionale.

Non conoscevo questo mondo. L'ho scoperto soltanto un paio d'anni fa trasferendomi a Roma. Abito ad un passo da Tor di Valle ed una sera, una afosissima sera d'estate, vidi dal balcone di casa mia i fari dell'ippodromo illuminare a giorno l'intera zona. Mi sono detto: ecco, ho deciso cosa fare. Vado a vedere per la prima volta in vita mia una corsa di cavalli. Detto, fatto. Non vi nascondo che sono rimasto subito affascinato. Vedere trottare 20 cavalli tutti assieme è davvero emozionante. Quando ti passano davanti, lo spostamento d'aria che avverti è simile a quello di un treno in corsa. La forza e la bellezza di questi animali non hanno paragoni in natura.

La mia curiosità mi ha spinto oltre. Non mi bastava più vederli correre, ma volevo capire cosa succede dietro le quinte di una corsa, come i cavalli vengono allenati, cosa gli danno da mangiare, chi se ne prende cura. Insomma, il mattino successivo (era sabato) sono ritornato all'ippodromo ma dalla parte delle scuderie. Non mi dilungo con i dettagli di quanto visto, ma è stato lì che ho iniziato ad intrecciare rapporti amichevoli con alcuni addetti ai lavori, semplici artieri, ricchissimi proprietari e fin'anche qualche collega giornalista. Col tempo ho imparato molte cose che prima non conoscevo e oggi a distanza di due anni da quella mia prima visita ad un ippodromo, vi dico con molta franchezza che se l'Ippica chiude, mi dispiace per le famiglie che ci campano e per i veri appassionati, ma in fondo sono contento. E ora vi spiego il perché.

Le conoscenze di cui sopra, infatti, non solo mi hanno aiutato a farmi una cultura equina di medio livello, ma mi hanno soprattutto consentito di scoprire il nefasto mondo delle scommesse. Un mondo di fallimenti, di matrimoni finiti per colpa del gioco, di ricchi patrimoni sperperati nel giro di pochi mesi, di prestiti, di usurai, di gente finita praticamente in mezzo ad una strada, di professionisti diventanti poveracci, di poveracci diventati barboni. Ho raccolto storie per interposta persona, racconti di drammi altrui, ma anche tragiche vicende personali apprese dalle parole dei diretti interessati.

Conosco un tipo che prima di perdere tutto al gioco faceva l'idraulico, aveva una bella famiglia, una casa stupenda, ricchi guadagni, molte amicizie. Oggi vive dentro un furgone scalcinato, ci mangia e ci dorme, per i bisogni intimi usa i bagni dei locali pubblici, mentre per farsi una doccia è costretto una volta la settimana ad entrare abusivamente nello spogliatoio di una piscina comunale.

La febbre da cavallo ti prende e ti coinvolge. E' una spirale da cui non esci più. Se ci caschi sei praticamente finito. La mania del gioco è una vera e propria malattia compulsiva. Ci sono mille modi e mille occasioni per contrarla. Forse sta scritta nel dna delle vittime. Ma se per tua sfortuna la becchi con i cavalli, ne subirai le tragiche conseguenze molto più rapidamente che in altre circostanze. Tutto è più veloce., maledettamente più veloce. I soldi vanno via molto più celermente che in qualsiasi altro tipo di scommessa.

Ogni giorno sono almeno otto gli ippodromi italiani dove si svolgono corse ufficiali. In ciascuno di questi ippodromi le corse in programma sono almeno sette. Il conto è presto fatto: minimo 54 gare al dì a disposizione degli scommettitori. Un'enormità. Una corsa ogni cinque minuti per quattro, cinque ore consecutive, sette giorni su sette, per tutto l'anno, compresi Natale e Capodanno.

Ho visto persone giocare e perdere in pochi secondi migliaia di euro. A ripensarci ancora oggi mi vengono i brividi. Ma ho visto anche semplici impiegati, pensionati, operai, perdere cinquanta o cento euro al giorno. Molto di più delle loro possibilità economiche. Gente rovinata. E credetemi ne ho visti parecchi.

Scomettitori sono anche molti degli stessi drivers (non potrebbero farlo), molti degli stessi proprietari, insomma anche molti degli stessi addetti ai lavori. Ed allora, mi è spesso, anzi spessissimo, capitato di sentire parlare di acchittamenti, ovvero di gare falsate a tavolino per fare vincere questo o quello, di cavalli dopati, anzi di asini che all'improvviso sembrano diventare più forti di Varenne e vincono con dispersione sugli altri avversari. Ormai anche tra gli stessi scommettitori la fiducia sulla regolarità delle corse è praticamente a livello zero.

Chiacchiere da bar, si chiaro. Ma vedendo certe corse, il sospetto che tutto possa essere vero è più che fondato. Del resto, la cronaca giudiziaria degli ultimi mesi ci ha confermato la presenza anche della criminalità organizzata in certi ippodromi.

Insomma, uno schifo.

Non ho mai sentito parlare di famiglie rovinate per colpa del totocalcio o delle scommesse calcistiche. Ho sentito, invece, parlare di gente andata in malora per il vizio dei videopoker, dei casinò, delle carte. Ma credetemi, nulla rispetto a quanto i miei occhi hanno visto e le mie orecchie hanno sentito nel mondo delle corse ippiche.

Per qualche anno ho giocato la Tris. Tre euro il mercoledì e tre euro il venerdì per cercare di beccare il Quintè che solitamente si attesta sulle decine, a volte anche centinaia di migliaia di euro. Un investimento a perdere. Pochi spiccioli buttati lì, tanto per provarci.

Mi sento un fortunato. Forse nel mio dna non c'è il gene del vizio del gioco. Ho giocato la tris, così come ancora oggi gioco al superenalotto. Punto nella speranza di vincite consistenti che possano cambiarti la vita. Ma da qualche mese, quelle tre euro alla Tris ho deciso di non puntarle più. Non me la sento, infatti, di continuare a finanziare, sia pure con quote insignificanti, uno Stato che incassa annualmente centinaia di milioni di euro sulla pelle di centinaia di migliaia di famiglie italiane mandate in rovina per colpa del maledetto vizio dei cavalli.

Se l'ippica chiude, non ne sentirò la mancanza!!!

venerdì, ottobre 10, 2008

Cofferati e la rivoluzione dei "mammi"


Cofferati lascia. Il prossimo anno non si ricandiderà a Sindaco di Bologna. Stanchezza? Dissidi con gli alleati politici? Qualche altra poltronissima in vista? Neanche per sogno. Nulla di tutto questo. Sergio smette i panni di primo cittadino per indossare quelli di papà. E già, la ragione di questo clamoroso abbandono è proprio questa. Lui vive e lavora a Bologna. La moglie e il figlio, invece, hanno dimora a Genova. Per riunire la famiglia, mamma e bambino ogni fine settimana devono sobbacarsi 600 chilometri in automobile. Cofferati ha detto stop a questo andirivieni. Non vuole che il figlio cresca in autostrada.

Nobile, nobilissima motivazione se fosse vera e non vi sono motivi per credere che non lo sia. Il Foglio di Ferrara prende la palla al balzo e gli dedica un simpaticissimo articolo in prima pagina dal titolo "Sei forte papà". Sottotitolo: "Cofferati e Cameron danno il via libera alla rivoluzione maschile dei figli da crescere".

Rivoluzione? Che vuol dire? Che forse non esistevano già i mammi? Che forse nelle città, specie nelle metropoli, non sia normale vedere comunissimi papà che portano i figli all'asilo, che li vanno a riprendere, che poi li accompagnano al parchetto, li riportano a casa, gli fanno il bagnetto, gli mettono il pigiamino, gli preparano la pappa, gli fanno la ninna, gli fanno tutto questo perché le mamme, quelle vere, hanno turni di lavoro incompatibili con l'adempimento di certi doveri familiari?

Ma Ferrara se l' immagina veramente, Cofferati e Cameron, intenti a trafficare in cucina tra i fornelli per prepare da mangiare ai piccoli?

Io non riesco proprio a vederceli.
So solo che mi sono specializzato in certi sughetti che mia figlia e anche mia moglie (quando rientra alla dieci di sera) sembrano gradire decisamente (sic!!!)

L'Europa non esiste e a pagare sono sempre i più deboli


La picchiata continua. Le borse viaggiano ancora a testa in giù. Anche stamani cali vertigionosi un pò dappertutto. Una corsa pazzesca verso l'impoverimento generale che nessuno sembra essere in grado di arrestare. Gli scricchiolii dei giorni scorsi si stanno man mano trasformando in autentiche scosse telluriche. Insomma, un vero e proprio terremoto finanziario ad alta magnitudo che sta facendo tremare l'intero pianeta.
E intanto la confusione regna sovrana, mentre la speranza sta lasciando, via via, sempre più spazio alla paura, al panico.

Le cronache ci raccontano che l'Italia al momento sta messa meglio di molti altri paesi. I nostri istituti di credito, Unicredit a parte, sarebbero più solidi. Il management bancario italiano, infatti, in questi anni si sarebbe tenuto alla larga, ben distante da quei diabolici meccanismi finanziari che sono all'origine dei crolli attuali. Magra consolazione, poiché nel momento in cui la crisi passerà dall'alta finanza speculativa all'economia reale anche noi ne pagheremo, eccome, lo scotto. Staremo a vedere.

Chiudo con due semplici quanto banali considerazioni. Primo: l'Europa non esiste più. Si è disciolta alla prima vera difficoltà. Rispetto alla crisi, ciascun Paese membro ha, infatti, deciso di fare da se. Un clamoroso rompete le righe che ne ha certificato urbi et orbi la morte.

Secondo: a pagare sono sempre i più deboli. I risparmatori rischiano di vedersi andare in fumo i sacrifici di una vita. I loro conto correnti, infatti, potrebbero essere a rischio. A farla franca sono, invece, i più forti. Anzi, peggio ancora, i responsabili di tutto sto casino. Parlo del management bancario americano che, nonostante il fallimento dei loro istituti, lesti e beati si sono intascati lautissime stock option (rapine a mano armata). L'amministratore delegato della Aig, il colosso assicurativo salvato nei giorni scorsi con ben 85 miliardi di dollari dal governo statunitense, ieri è passato alla cassa per riscuotere la sua buona uscita: 40 milioni di dollari.
Questo è capitalismo? Questo è mercato? No, questo è soltanto uno schifo!!!

mercoledì, ottobre 08, 2008

Quel sogno milionario da incubo


Stanotte ho sognato di vincere al Superenalotto. Che sogno ragazzi. Ero davanti al televisore, la schedina in mano, la pagina 598 del televideo rai e quei sei numeri che uno alla volta lampeggiando comparivano sul video. E uno...e due...e tre...e sei. Non ci credo..no...non è possibile...Li rileggo piano, lentamente e poi li rileggo ancora due, tre, quattro volte di seguito. Si.si.siiiiiiiiiiiiii E' la sestina giusta. Impazzisco. Corro avanti e indietro lungo il salone. Salto sul divano, mi arrampico sul mobile, il cuore batte a mille all'ora, quasi ci rimango stecchito. Brindiamo. Champagne a volontà. Abbraccio mia moglie, stringo forte mia figlia...care i problemi sono finiti, siamo ricchi... SETTACINQUEMILIONIDIEURO...MAMMA MIA...

Nel sogno, sogno di sognare. Mi addormento ed ecco comparire la villa a Cortina, il superattico a Miami, la Ferrari in garage e Lapo Elkan che mi fa un baffo. Mi risveglio dal sogno del sogno. Vado in banca. Entrando mi squilla il telefono. "Ah ciao Roberto, ci vediamo domani così valuteremo assieme la tua proposta". Attacco, mia moglie mi chiede, io rispondo: "Era soltanto Colaninno. Mi ha proposto di entrare nella Cai".

Il direttore nel frattempo ci è venuto incontro. Non ha una bella faccia. Sembra uno che non ha dormito. Anzi, sembra prossimo al suicidio. "Direttore, buongiorno. Che succede?". Farfuglia una risposta. "Beh...sa...ora le spiego...ecco, ma venga si accomodi". Lo guardo. Mi guarda. Mi accomodo e secco gli dico: "Allora direttore, dobbiamo spostare 2o milioni sul conto in Svizzera, 10 li devo donare ai miei familiari, 20 li presto a Ricucci, con il resto faremo delle operazioni in borsa".

Non alza gli occhi, ma serafico mi chiede: "Ma li ha letti i giornali stamattina?". No, perchè? "Beh, proprio stanotte mentre la Sisal completava il bonifico dei suoi soldi sui nostri conti, noi come banca fallivamo, così come tutte le principali banche italiane. Sa, la crisi dei mutui subprime...". Che significa? "Che dei 75 milioni di euro gliene sono rimasti appena 103 mila". Fine del sogno.
Domani si rigiocherà al Superenalotto. Il Jackpot probabilmente salirà oltre gli 80 milioni di euro. Ma io, dopo 12 anni consecutivi che gioco sempre gli stessi numeri, questa volta non me la sento di rischiare. Non si sa mai vincessi veramente....

lunedì, ottobre 06, 2008

Le borse vanno giù. L'Europa sente aria di crisi


Lo avevamo previsto. E in realtà non era poi così tanto difficile prevederlo. Al crack finanziario americano, sta seguendo quello europeo. Al momento la crisi è soltanto minacciata. Ma i segnali che dalle minacce presto si potrebbe passare alle vie di fatto, ci sono tutti.

Se la Merkel annuncia che il suo Governo garantirà tutti i conti bancari dei risparmiatori tedeschi, implicitamente ammette che questi potrebbero essere a rischio. Se Sarkozy convoca a Parigi il G4 per studiare misure preventive rispetto alla crisi, significa che questa già bussa alle porte del Vecchio Continente, mentre l'idea rilanciata da Berlusconi sulla costituzione di un fondo UE di garanzia manifesta una chiara preoccupazione sulla incipiente penuria di liquidità in circolazione. E se ci mettiamo pure la circostanza che i Paesi Bassi hanno già provveduto a salvare con denaro pubblico i loro principali istituti di credito, allora il quadro che ne esce fuori è per niente rassicurante. Insomma, ci si sta preparando al peggio.

La prova che la situazione è maledettamente seria è venuta proprio stamani dalle borse. Nonostante i sopracitati tentativi di ridare traquillità ai mercati, le principali piazze europee, infatti, hanno riaperto decisamente al ribasso.

Le nubi minacciose che si stanno addensando all'orizzonte rischiano di scaricare i primi violentissimi temporali proprio sulla testa di noi italiani. Unicredit è in grave difficoltà e pare che neanche la preannunciata ricapitalizzazione potrebbe salvarla da un declino quasi certo. Cosa accadrà nei prossimi mesi o peggio ancora nelle prossime settimane?

Rispetto alla drammacità di questi momenti, il problema è sempre lo stesso. Nessuno sa che pesci pigliare. Nessuno, cioé, sembra avere pronta la ricetta giusta per tirare fuori l'Occidente da questa situazione. Si viaggia solo per ipotesi o meglio per tesi ed antitesi. C'è chi sostiene la libertà dei mercati, chi, invece, la necessità di interventi pubblici. Gli americani hanno scelto quest'ultima strada. Noi europei probabilmente li seguiremo.

Non è un bel lunedì. Tra l'altro, qui a Roma, il tempo è grigio e il cielo promette pioggia. Mi consolo pensando che la mia Reggina ieri è riuscita a strappare un pari casalingo al forte Catania. Son sicuro che anche quest'anno, nonostante le solite cassandre del malaugurio, riusciremo a salvarci. (SIC!!!)

martedì, settembre 30, 2008

Un clima pericoloso da anni di piombo



Possono accampare qualsiasi scusa per giustificare l'ingiustificabile. Ma il messaggio che chiunque coglierebbe guardando quella vignetta è fin troppo chiaro, evidente ed immediato: Brunetta, il Ministro Brunetta, meriterebbe di essere ucciso per quello che sta facendo. Un'istigazione a delinquere, un vero e proprio invito all'omicidio lanciato dalle pagine dell'inserto satirico, non di un giornaletto eversivo qualsiasi, ma nientepopòdimenoche dell'Unità.

Grave, gravissimo, inaudito, inaccettabile per un paese civile e democratico come il nostro. Un orrendo salto nel passato che riporta a galla un clima di odio politico che si credeva fosse morto e sepolto con gli anni di piombo quando certe infamanti, ancorché irresposansibili campagne a mezzo stampa portarono a conseguenze terribili come l'eliminazione fisica di non pochi servitori dello Stato.

Rifletteteci un attimo. La vignetta pubblicata sull'Unità, che continua ad essere l'organo di informazione degli ex Ds, segue di appena un giorno la sparata di Walter Veltroni secondo cui l'Italia di Berlusconi è come la Russia di Putin. Ora non so se il tutto risponda ad un'unica cabina di regia. Fatto sta che si registra una preoccupante escalation di interventi destabilizzanti e denigratori finalizzati a cospargere veleno sul Governo e sui suoi uomini. Veleno micidiale, che inevitabilmente è destinato ad irrorare gli instabili neuroni di qualche mente malata.
Cosa ci dobbiamo aspettare adesso? Quale altra mossa registreremo in questo assurdo gioco da cattivi maestri?

A sinistra nessuno ha osato richiamare nessuno alla ragione. Nessun intellettuale al momento è ancora uscito allo scoperto. Tutti zitti e muti. Soltanto Vauro ha detto la sua ma solo per paragonare l'infelice vignetta dell'Unità agli inneggiamenti di Bossi ai fucili.

Ma ci faccia il piacere....
Ora immaginate cosa sarebbe successo se nel bel mezzo della tormentata vicenda dell'Alitalia, Libero e Il Giornale se ne fossero usciti con una vignetta ritraente un assistente di volo puntare una pistola sulla tempia di Epifani. Apriti cielo. Valter Weltroni avrebbe richiesto l'intervento dei marines per liberare l'Italia dal regime neofascista di Berlusconi e soci. Feltri e Giordano sarebbero stati impiccati a piazzale Loreto direttamente dai loro colleghi direttori di Repubblica e Manifesto, mentre nelle piazze italiane lavoratori, pensionati, girotondini e no global vari avrebbero dato luogo a falò giganteschi con le copie di entrambi i quotidiani.
Chiudo augurando lunga vita al Ministro Brunetta, che è bene ricordare dal lontano 1983 vive sotto scorta per le minacce delle Br.

lunedì, settembre 29, 2008

Il ritorno al passato di Vuolter


Diceva di sognare un'Italia nuova, diversa, un'Italia meno litigiosa, dove il leader della parte politica a lui avversa non fosse un nemico da abbattere ma più democraticamente un avversario con cui confrontarsi. Sognava così di conquistare il cuore degli italiani più moderati e per dare maggiore credibilità al suo sogno decise di rompere drasticamente con la sinistra ultraradicale, no-global, giustizialista, pacifista a parole ma guerrafondaia nei fatti.

Il sogno di Walter è durato più o meno cinque mesi. Ad infrangerlo ci ha pensato lui stesso con la sparata dell'altro ieri secondo cui l'Italia di Berlusconi è come la Russia di Putin.

Saranno i sondaggi che danno il Pdl in fortissima ascesa e il Pd in nettissimo calo. Sarà forse che ormai anche il suo stesso partito mal lo sopporta. Fatto sta che come un abilissimo skipper, Vuolter ha invertito la rotta di 360 gradi, per ritornare a cavalcare con la sua malconcia imbarcazione l'onda del più becero antiberlusconismo. Una brusca virata per un misero ritorno al passato nella speranza di riconquistare una centralità già persa.

Ora una scelta motivazionale, comunque, s'impone: o Vuolter s'era sbagliato prima credendo nella realizzabilità di un sogno irrealizzabile, oppure non ci ha mai creduto e al momento opportuno si è tolto la maschera facendo finalmente vedere il suo volto vero.

Delle due l'una: o incapace politicamente ( e quindi prima o poi il suo partito gli presenterà il conto) o spregiudicatamente bugiardo (e quindi nessun cittadino italiano potrà più dargli credito). Scelga lui.

Potrà piacere o dispiacere. Dipende dai punti di vista. Ma credo che così facendo Vuolter si sia definitivamente scavato la fossa da solo. Amen

giovedì, settembre 25, 2008

La crisi finanziaria americana e il marketing politico di Sarkozy


Il Gigante scricchiola? E' questo l'interrogativo che tutti noi, uomini comuni, ci poniamo osservando le difficoltà finanziarie che stanno scuotendo le stesse fondamenta del sistema capitalistico americano. Un vero e proprio terremoto che ha costretto la Casa Bianca ad investire la stratosferica cifra di 700 miliardi di dollari nel tenativo di salvare il salvabile. Il sistema reggerà? Ovvero, basterà questa salutare iniezione di denaro pubblico per evitare che l'economia statunitense collassi definitivamente?

In attesa delle risposte che solo il tempo potrà darci, una cosa comunque è certa: è vero che non siamo alla fine di un'epoca nel senso che lo strapotere e l'egemonia degli americani, nonostante i catastrofismi oggi molto di moda, continueranno ancora per molti anni a dispiegarsi in tutto lo scibile umano (dalla economia alla scienza, dallo sport al cinema, etc..), ma è altrettanto vero che a causa dell'attuale crisi il brand Usa ha subito un leggero ma significativo declassamento. Nell'immaginario collettivo la superiorità a stelle e strisce, infatti, non rasenta più l'infallibilità, ma viene ormai percepita in una dimensione sicuramente più umana e quindi in quanto tale potenzialmente soggetta ad una naturale decadenza.

Il ragionamento che commerciale non è, può e deve comunque essere posto, soprattutto da noi europei, anche in termini di marketing. Voglio dire che alle attuali difficoltà americane è normale che l'Europa debba rispondere con un nuovo posizionamento sullo schiacchiere mondiale facendo leva sui propri punti di forza. E' quello, in sostanza, che sta tentando di fare Sarkozy chiedendo alla comunità internazionale in generale e agli Stati Uniti in particolare, la modifica di alcuni comportamenti che rischiano di minare la sicurezza economica non solo oltreoceano ma anche in Europa. La proposta di ricercare regole comuni nella gestione e soprattutto nel controllo degli affari finanziari, viaggia proprio lungo questa direzione poiché sottintende che il modello normativo del Vecchio Continente è sicuramente vincente nel confronto con quello americano. Insomma, il presidente francese sta dando una lezione all'America, di conseguenza sta riposizionando in meglio il brand europeo.

Ma particolare non indiferrente e che alla fine risulterà determinante nel convincere il gigante statunitense a seguire la via europea degli affari, è che lo spirito con cui Sarkozy sta accompagnando questa sua proposta non è tipicamente francese ovvero di presuntuosa superiorità rispetto al proprio interlocutore, bensì di amicizia nei confronti di una nazione e di un popolo da sempre nostri amici e a cui proprio noi europei molto dobbiamo. Un popolo e una nazione che in situazioni di crisi possono trovare appunto nell'amica Europa le risposte giuste alle loro difficoltà. Il tutto nel nome e in difesa di una comune, ancorché condivisa visione del mondo oggi più che mai minacciata dall'insorgere di nuove potenti derive antidemocratiche (Cina e Russia) e di minaccie totalitarie (terrorismo islamico).
Insomma, Sarkozy rilancia il sogno americano ma con un marchio tutto europeo. In termini di marketing, un'operazione strategicamente perfetta.

martedì, settembre 23, 2008

E se alla fine la spuntasse Airone?


Ho un'idea di come la vicenda Alitalia possa andare a finire. Lo scenario da me immaginato è il seguente: tra una settimana, al massimo dieci giorni, il commissario Fantozzi dichiarerà il fallimento, di conseguenza metterà in vendita i pezzi della compagnia e tra gli acquirenti spunterà anche il nome di Airone, che nel frattempo avrà trovato nell'ex Cda della Cai le risorse necessarie per affrontare adeguatamente questa operazione.

Pensateci, tuttosommato andrebbe bene anche cosi, poiché la cordata Colaninno sbattuta fuori dalla porta, rientrerebbe tranquillamente dalla finestra. Di conseguenza sui cieli di casa nostra continuerebbe a svettare il tricolore con una compagnia finalmente gestita con criteri manageriali e non politici. Con buona pace di sindacati, piloti e assistenti di volo che a quel punto sarebbero costretti a scegliere tra il mangiarsi sta minestra o buttarsi dalla finestra.

E se fosse questo il tanto chiacchierato piano b di Berlusconi? (Post pubblicato nella rubrica "Al direttore" del quotidiano Il Foglio, edizione del 24/09/2008)

venerdì, settembre 19, 2008

L'Alitalia e quel famoso marito che...


Ora sono contenti. La nuova Alitalia non decolla. Berlusconi è stato battuto. Applausi scroscianti a cielo aperto. Bene, bravi, bis.

Non voglio entrare nel merito di una vicenda, che oltre ad essere principalmente politica, è anche tecnica per i suoi risvolti contrattuali. Ma una considerazione mi viene spontanea farla: vedendo quello strombazzare di trombe come se si fosse allo stadio, quell'esultanza convinta e grintosa dei dipendenti Alitalia alla notizia del ritiro della proposta Cai, mi è venuta in mente la scenetta di quel marito che per fare il dispetto alla moglie si taglia i c...oni.

Ma tant'è. Contenti loro, contenti tutti. Sta bene loro la castrazione? Ok, lasciateli che si castrino. Se fallimento deve essere, fallimento sia. Con buona pace di quei 20.000 dipendenti che perderanno il posto di lavoro.

Non ne possiamo più di vedere lo Stato sostenere con i nostri quattrini un'azienda colabrodo incapace di autoriformarsi e refrattaria a qualsiasi soluzione di rilancio. Il Governo Prodi ci aveva provato con Air France e i sindacati l'hanno fatta scappare. Berlusconi ci ha provato con la cordata di imprenditori italiani e...idem con patatine. Stesso menu, stessi commensali, stesso disastroso risultato.

La Cgil ancora una volta seglie la strada dell'intransingenza totale. Gli altri sindacati confederali (Cisl, Uil e Ugl) l'accusano di irresponsabilità. Loro la proposta Cai l'avevano, infatti, firmata preferendo tutelare il lavoro di tutti anziché le pretese coorporative della ricca categoria dei piloti.

Eh si...avanti popolo...bandiera ricca trionferà.

giovedì, settembre 18, 2008

Niente più oscenità lungo le strade di Roma


Bingo. Gianni Alemanno, sindaco di Roma, ha fatto centro. La sua ordinanza che impone sanzioni a chi si prostituisce lungo le strade della Capitale, funziona. Eccome se funziona. Ieri sera tornando a casa ho notato che i marcipiedi, solitamente battuti da corpi in vendita, erano deserti. Non una, dicasi una, prostituta ho incrociato lungo le strade che abitualmente percorro in macchina ritornando dal lavoro.

Insomma, pulizia è stata fatta. E si perché proprio di questo si tratta. Mi spiego. In questi ultimi anni la prostituzione aveva letteralmente invaso Roma con modalità davvero indecorose. Ragazze praticamente nude stazionavano dappertutto lungo le principali arterie della città, così come negli angoli più bui e sperduti. Ragazze, trans ed omosessuali. Ce n'era per tutti i gusti. Un mercimonio non proprio bello da vedersi.

Ora, non sono un bacchettone né lo sono mai stato. Ma non so a quanti di voi possa essere capitato di imbattersi in qualche ragazza che, seduta ai bordi della strada, faceva ampiamente mostra delle sue parti più intime. Nuda, completamente nuda. A me è capitato, così come credo sia capitato anche ad altre decine di migliaia di automobilisti capitolini che ogni mattina in macchina accompagnano i loro figli all'asilo o a scuola. Ecco, il punto è proprio questo, poiché a Roma la prostituzione aveva appaltato le strade non solo di notte ma anche di giorno, senza soluzione di continuità. Un'invasione indecorosa, oscena ed indecente che il Sindaco ha fatto bene a stroncare.

Non credo che Alemanno si sia illuso di poter cancellare in un colpo solo il mestiere più antico del mondo. Credo che abbia voluto, più semplicemente, ripristinare un normale decoro che nella Capitale era ormai venuto meno. Tutto qui.

mercoledì, settembre 17, 2008

La Cina avvelena anche i suoi figli


Ci risiamo. La Cina si rivela essere sempre più un'immensa fabbrica di veleni. Questa volta è toccato al latte in polvere. Più di tremila bambini cinesi sono finiti in ospedale e purtroppo alcuni sono anche morti. Non si esclude la possibilità di altri decessi e di una contaminazione ancora più diffusa rispetto a quella emersa fin qui. Conoscendo i metodi governativi cinesi, è probabile che eventuali dati aggiuntivi saranno rigorosamente tenuti segreti.

L'avvelenamento è stato causato dalla melamina, una sostanza altamente tossica che i produttori utilizzavano per far sembrare il latte ancora più ricco di proteine. La stessa sostanza era stata rinvenuta lo scorso anno negli Stati Uniti in cibi per cani e gatti, ovviamente importati dalla Cina. Molti animali ci rimisero la pelle.

All'ombra della Grande Muraglia se sopravvivi al latte in polvere, finisci poi per essere polverizzato nelle fabbriche. L'economia in quel Paese, infatti, marcia a ritmi da capogiro anche grazie ad un mostruoso, ancorché colossale sfruttamento di bambini. Insomma, da quelle parti la tenerà età non è poi così tenera. Del resto, nascere con gli occhi a mandorla è già di per sé un'autentica fortuna. Il Dragone, infatti, non vuole più figli. Ogni coppia di cinesi ne può avere al massimo uno.

Marx aveva ragione. L'industrializzazione selvaggia è una bestia che azzanna e divora i più deboli. Ma non aveva immaginato che ci poteva essere qualcosa di più orrendo e raccapricciante: l'unione innaturale, perversa, oserei dire anche incestuosa, tra capitalismo e comunismo.

martedì, settembre 16, 2008

Kagan e il ritorno della storia


Doveva uscire il 3 di agosto. Ma poi, non si è capito ancora bene il perché, la pubblicazione è stata posticipata a data da destinarsi. Ora è finalmente giunto anche sugli scaffali delle librerie italiane. E' il nuovo libro di Robert Kagan, uno dei principali autori e ideologi del neoconservatorismo americano.

"Il ritorno della storia e la fine dei sogni" è il titolo di questo saggio in cui Kagan analizza gli attuali scenari geopolitici internazionali tra Occidente liberale, autocrazie russo-cinesi e terrorismo islamico.

Il mondo non vive una pace perpetua di ispirazione kantiana come credono gli europei, ma è una realtà ancora oggi determinata dagli equilibri di forza e di potenza militare tra tra gli stati nazione. Pensare che le controversie internazionali possano essere risolte soltanto con gli accordi e il diritto, è pertanto una illusione. E' questo in sintesi il pensiero dell'autore statunitense.

Ora si può essere più o meno d'accordo con le tesi di Kagan. Ma è chiaro che questo è un libro che deve necessariamente essere letto se si vuole capire che piega stanno prendendo le relazioni internazionali, non fosse altro perché è proprio alle teorie neocon che ancora oggi si ispira la politica estera degli Stati Uniti. Leggere Kagan significa, dunque, leggere il mondo con gli occhi degli americani.

Gli Italiani le perdoneranno anche questa


No, Caro Presidente, questa no. Questa poteva davvero risparmiarsela. Parlo della gag che l'ha vista protagonista con la Vezzali ieri sera a Porta a Porta. Una leggerezza che poco si adatta al suo ruolo istituzionale specie in questi momenti difficili per la situazione del Paese che, al contrario, richiederebbero uno stile certamente più sobrio.

Ma tant'è. Lei è fatto così. Ama spettacolarizzare qualsiasi momento della sua vita pubblica convinto che la maggioranza degli italiani starà sempre dalla sua parte se è vero come è vero che oltre all'immagine lei dimostra di avere a cuore anche i fatti.

Del resto nessuno è perfetto. Ciascuno di noi ha le proprie debolezze. L'importante è dare le risposte che gli altri si aspettano. E da un Presidente del Consiglio più che la forma uno si aspetta la sostanza.
Se nei prossimi giorni la vertenza dell'Alitalia sarà chiusa così come lei aveva promesso in campagna elettorale, quasi quasi, le perdonerò anche questa. Ma sì, gliela perdonerò.

lunedì, settembre 15, 2008

Scopelliti il Sindaco più amato d'Italia


Una notizia che non può lasciarmi indifferente. Giuseppe Scopelliti, primo cittadino di Reggio calabria, è il sindaco più amato d'italia. Lo dice "Monitor Città" il sondaggio che Ekma effettua ogni sei mesi. L'ultimo è stato pubblicato proprio oggi su Affariitaliani.it.

Sono contento, anzi stracontento. Scopelliti si merita tutta la riconoscenza e la stima che i suoi concittadini gli tributano. E' un eccellente amministratore (ha saputo governare in questi 5 anni una città difficilissima come Reggio migliorandola e dandole finalmente una precisa identità turistica), è un politico che vive veramente la politica come servizio, sa fare squadra come pochi altri (i suoi più stretti collaboratori praticamente lo amano), ma soprattutto è un Uomo con la U maiuscola. Fidatevi, è davvero così.

Ad Maiora, amico Sindaco.

La crisi finanziaria del secolo. Dove andremo a finire?


Un altro colosso finanziario americano è sulla via della bancarotta. E' di ieri la notizia, infatti, che i vertici della Lehman Brothers hanno avviato le procedure per l'amministrazione controllata della banca d'affari. Il primo passo verso il fallimento.

I mercati finanziari sono in fibrillazione. Il Tesoro americano al momento non sa che pesci pigliare. Soltanto pochi giorni addietro aveva provveduto ad un colossale salvataggio nazionalizzando la Fannie Mae e la Freddie Mac, le due più imporntanti agenzie americane specializzate in prestiti ipotecari.

Intanto Wall Strett si prepara ad un terremoto senza precedenti. Le borse di tutto il mondo oggi dovrebbero risentirne pesantemente.

Gli esperti sono oltremodo pessimisti: quest'ennesimo crack potrebbe causarne dei successivi in una sorta di effetto domino capace di trascinare verso il fallimento altri istituti bancari. Lo stesso Alan Greenspan, ex glorioso presidente della Fed, la banca centrale americana, dichiara che siamo di fronte alla crisi finanziaria del secolo.

Nel frattempo anche l'industria automobilistica statunitense sembra essere con l'acqua alla gola. Colossi come la Chrysler, la General Motors e la Ford hanno già chiesto al governo federale sovvenzioni per scongiurare il fallimento.

Cosa sta succedendo oltreceano? E soprattutto dove andremo a finire di questo passo? Se scricchiolano i mercati finanziari americani, figuriamoci cosa toccherà prima o poi a quelli europei. Gli esperti ci dicono che è tutta colpa dei mutui subprime, dei credit default swaps e di altre diavolerie del genere. Ma nessuno sa indicare con precisione la strada giusta per uscirne.

Noi profani non ci capiamo un benedetto tubo, ma abbiamo una preoccupazione di fondo: che forse l'Occidente democratico non sia poi così solido come ci hanno sempre raccontato e che nel confronto-scontro con il capitalismo autarchico russo-asiatico non è detto che a soccombere sarà alla fine quest'ultimo.

domenica, settembre 14, 2008

Tocca a Fini dare la scossa


Il Governo sale nei sondaggi. La fiducia dei cittadini verso la coalizione di centrodestra sembra, infatti, essere nettamente in crescita. O almeno cosi dicono gli esperti. Il motivo di questa accresciuta fiducia starebbe tutto nel pragmatismo di un Governo capace di affrontare con forte decisionismo annose problematiche (spazzatura a Napoli, sicurezza, Alitalia) ed animato da una portentosa volontà riformatrice (scuola, giustizia, pubblica amministrazione, federalismo). Il Paese sembra gradire.
Ma se sul piano squisitamente teorico il merito dei successi maturati nei primi 100 giorni di legislatura deve essere ripartito equamente tra tutte le forze che compongono la maggioranza, nella realtà invece accade che a spartirsi i dividendi di questa crescita in termini di popolarità siano soltanto Forza Italia e la Lega.
E Alleanza Nazionale? Al momento non pervenuta. Con Fini ibernato alla Presidenza della Camera, gli aennini sono praticamente scomparsi di scena. Ma cosa ancora più grave sono riusciti a farsi sottrarre dagli altri partiti della coalizione loro vecchi cavalli di battaglia come, per esempio, la questione sicurezza letteralmente appaltata dalla Lega.
Resiste soltanto Alemanno. La poltrona di sindaco della Capitale continua, infatti, a dargli visibilità nazionale. Ma Roma non è il Ministero delle Politiche Agricole e l'ex colonnello di An (ormai diventato a tutti gli effetti generale) deve guardarsi bene dalle mille imboscate che la città sempre eterna gli tende quotidianamente come dimostrano i recentissimi attacchi denigratori montati ad arte da l'Espresso per sminuirne l'immagine.
Insomma, mi sembra davvero assai poca cosa che un partito grande come An, possa oggi ridurre la propria proposta politica soltanto alla difesa dello stipendio dei carabinieri e al rilancio del premierato forte.
Con Alemanno impegnato a Roma, tocca, dunque, a Fini dare una scossa. E' vero che An con il partito unico è destinata a scomparire. Ma è altrettanto vero che vale la pena entrarci da vivi, piuttosto che da morti.

venerdì, settembre 12, 2008

Non offendere la memoria dei padri


Una foto d'epoca. Tre giornalisti. E che giornalisti. Sono i pionieri delle trasmissioni radiotelevisive italiane, quando la Rai si chiamava ancora Eiar e quando in Italia si era ancora in pieno regime fascista.

Direte: e allora? Un attimo, please. Facciamo adesso un bel salto in avanti. Cinquant'anni dopo, settembre 2008, Gianni Alemanno sindaco di Roma è a Gerusalemme in visita al museo dell'olocausto. Alla domanda di un giornalista se il fascismo fu il male assoluto, il primo cittadino capitolino risponde: "Le leggi razziali furono il male assoluto, il fascismo invece è stato un fenomeno ancora più complesso. Molte persone vi aderirono in buona fede e non mi sento di etichettarle in questo modo".

Apriti cielo. Mentre la comunità ebraica italiana chiede semplicemente spiegazioni su questa dichiarazione, la sinistra invece insorge letteralmente. Alemanno viene crocifisso mediaticamente. Valter Veltroni, ledear del Pd, addirittura si dimette dal comitato per il museo capitolino della shoah in fortissima polemica con il suo successore al Campidoglio.

Ritorniamo alla foto. Il primo a sinistra sapete chi è? E' Vittorio Veltroni...si proprio lui il padre di "Vuolter" l'americano, bravo ed apprezzato giornalista Rai dell'epoca, morto quando suo figlio aveva appena un anno.

Oggi su Libero, Marcello Veneziani, a conclusione di un suo articolo, scrive: "Vogliamo poi dire che quando si distingue l'Italia fascista fino al '38 dalle leggi razziali e dalla guerra, si salva anche la memoria e il rispetto di larga parte dell'Italia e non si difende solo un orticello di nostalgici. Si difende la memoria e il rispetto di tanti che poi sono diventanti antifascisti. Si difende anche, caro Veltroni, la memoria di tuo padre, Vittorio Veltroni, che ancora nel '38 faceva radiocronache entusiaste per l'Eiar, la radio del regime, della visita a Roma di Hitler, dico Hitler con Mussolini...E vieni fuori con queste sparate, queste dimissioni simboliche per non contaminarti con i neo-fascisti, sperando di mettere in difficoltà Amato? Ma via, rispetta almeno tuo padre e la sua buona fede...".

Ho trovato su internet proprio quella radiocronaca a questo indirizzo: http://cronologia.leonardo.it/storia/a1938.htm.

Che Veltroni l'ascoltasse, riflettesse e riconciliandosi con la buona memoria del padre, comprendesse finalmente che anche lui fa ormai parte del passato, che la sua esperienza politica è quasi al capolinea e che a scavargli la fossa non è Gianni Alemanno con i suoi ex camerati missini, bensì Massimo D'Alema con i suoi ex compagni comunisti. Amen!!!

giovedì, settembre 11, 2008

Miss Italia 2008, per me vince Francesca


Mi sono innamorato di Francesca Balestrieri. Chi è? E' la numero 82 del concorso di Miss Italia 2008. Vincerà lei, ne sono convinto. L'ho vista stasera per la prima volta in tv. Direte: ma va, un giornalista che segue Miss Italia? E beh, vi rispondo, qual è il problema? Che me frega, direbbero a Roma.

Sto a casa, appollaiato sul divano, mia figlia, due anni e mezzo, padrona del telecomando, tiranna assoluta dello zapping familiare, saltella da un canale all'altro alla ricerca di ragazze che ballano. Lei ama ballare. Sembra essere la sua passione. Si muove bene, segue il ritmo, canta anche. Su Canale 5 becca le Veline. Lo sa che è l'ora del Gabibbo. Ma purtroppo stasera Ezio Greggio ci saluta un pò prima del solito. E adesso? La guardo, temo qualche capriccio di quelli schizzofrenici ed invece candida, quasi cercasse disperamente aiuto, mi chiede: "Ora che faccio papa'"?

Non ci casco. Tremo all'idea della sua possibile risposta. Temo che lei abbia gà trovato la soluzione, il modo con cui sfogare questo suo irrefrenabile desiderio di muoversi a suon di musica. E già, lei è furba, molto furba. Un'attrice nata. Sa fingere. Simula candore, ma sa sempre cosa fare.
Noooooooo.... lo stereo a quest'ora no. Per carità, basta con Zucchero, Madonna, Giovanotti, etc...E poi di sera è davvero brutto stare in salotto con la tv spenta. Che faccio, mi chiedo. Roba di attimi. E' un gioco sottile tra me e lei che si consuma sul filo di pochi secondi. La vedo già protesa verso quello stramaledetto lettore di cd. Penso: ha vinto di nuovo, mi ha di nuovo costretto ad una serata danzante.

Ed invece, l'intuizione arriva fuliminea come ancora di salvataggio per una serata che altrimenti avrebbe preso la solita monotona piega casalinga, nonché come primo autentico spunto per bagnare con leggerezza l'esordio sul mio blog.

Miss Italia. Si, c'è Miss Italia. Lì, se non sbaglio, le ragazze sfilano e ballano anche. Tuttosommato Veline anche loro sono. Ecco, allungo la mano, afferro il telecomando ee...zap...zapping perfetto, velocissimo, istatanteneo su Rai Uno. Mi sento il Bolt del telecomando. L'ho fregata al rush finale. Contestualmente però un pensiero, altrettanto fulmineo, si fa spazio nella mia mente: ma chi doveva dirmelo che a salvarmi una serata dalla solita routine sarebbe stata proprio Miss Italia, ovvero quel concorso che ho sempre seguito di striscio ma solo perché ad organizzarlo era ed è quello splendido calabrese di nome Enzo e di cognome Mirigliani? Ma tant'è!!!
Frazioni di istanti, nanisecondi... ed ecco un'inquadratura in primo piano: faccia acqua e sapone, sembra dipinta col pennello, occhi stupendi, sorriso ampio, bianco, autentico. Chi è? Leggo sulla scritta in sovraimpressione: Francesca Balestrieri Miss Deborah Campania. Colpo di fulmine. Anche mia figlia sembra incantata da cotanta bellezza e dalle sinuose movenze del suo sfilare in passerella.
Il mio fiuto in certe cose difficilmente m'inganna. Vincerà lei. Ne sono certo. Scommettiamo?