lunedì, ottobre 30, 2017

Io sono uno cresciuto con il "ninareo".

"Papà vedrai, domani sarò originale, mi trucchero' diversamente dalle altre". Domani? Truccarti? E per fare cosa? "Ma sei proprio antico, Dolcetto o Scherzetto papà, sveglia". Eh già, sono antico. Quarantanove anni, tra tre mesi 50, non sono tanti. Diciamocelo francamente. Ma rispetto ai 12 di mia figlia, eccome se lo sono. Si, sono antico. Non solo per l'età, ma anche per il fatto che a me questa americanata del dolcetto o scherzetto mi sa tanto di carnevale, di sfilate in maschera, gruppetti di bambini travestiti, tra l'altro non da super eroi e da fatine, ma da streghe e piccoli diavoletti, da orchi e assassini, facce insanguinate, sembianze macabre. Almeno a Roma è cosi.  Per carità, è un gioco, loro si divertiranno pure, grazie a Dio. Ma io sono uno del "ninareo", tutta un'altra storia, atmosfere diverse. Noi non andavamo in giro per case  mascherati a minacciare "o mi dai il dolcetto o ti faccio lo scherzetto". No, andavamo a chiedere dolci e caramelle "pe l'animicea ri vostri morti". Un pasticcino in cambio di una preghiera per i cari defunti.  Non era elemosina, come non lo è oggi. Era soltanto un modo nostro, calabrese e paesano, di trascorrere questi giorni nel ricordo di chi non c'è più. Ed io l'ho sempre vissuto cosi. Ricordo, bussavi alle porte delle case, degli anziani in particolare e l'occhio andava subito a cercare le foto dei defunti con i lumini che ne disegnavano i contorni in un gioco di luci ed ombre. Spesso foto in bianco e nero, ma ne vedevi gia alcune  a colori, si era alla fine degli anni Settanta al Rione Inglese. In quei giorni al mio paese i morti venivano veramente ricordati, anzi no, venerati. L'aria che si respirava era quella. L'andare il 2 novembre al cimitero era poi il clou della due giorni di ponte scolastico. E non era proprio una passegiata, dovendo fare a piedi cinque chilometri di dura salita, scale e scorciatoie varie. Mi facevo il giro di tutto il cimitero, andavo a salutare tutti. Parenti, amici, conoscenti e anche molti sconosciuti. Quante lapide, quante facce, quante persone, bagnaroti, che non c'erano piu. Di alcuni sapevo tutto, in pochi attimi ne ripercorrevi il vissuto sostando davanti a loro. Di altri invece provavi solo ad immaginarne la vita non avendoli mai conosciuti. Magari chiedevo a mio papà chi fossero e lui placava la mia innata curiosità se non erano sconosciuti anche per lui. Si sono curioso, anche da bambino lo ero e persino al cimitero.  Credetemi, ricordo quei momenti con grande gioia, senza alcuna tristezza. Solo che domani dovrò accompagnare mia figlia al dolcetto o scherzetto e invece volevo essere li, giù, con lei. Ma è contenta cosi. E io sono contento per lei, anche se sono antico.

sabato, ottobre 21, 2017

Sindaco non ha nulla da dire?

Gregorio Frosina
Massacrati. Non trovo altro termine per descrivere la condizione mediatica degli attuali inquilini di Palazzo San Nicola. Qualcuno potrebbe suggerire, crocefissi. Ma non va bene. Sulla Croce ci finì chi non aveva colpe. La Giunta Frosina invece qualche responsabilità sembrerebbe avercela sebbene, ritengo, in assoluta buona fede.
L'opposizione incalza. Anzi di piu'. E' arrembante. Qualcuno direbbe, assatanata. Può darsi, qualche sorriso in piu' in effetti non guasterebbe. Ma fa il suo mestiere. Interviste video di lunghissima durata. Comunicati a raffica. Interrogazioni in serie. Cose mai viste a Bagnara, neanche ai tempi del Torquemada del Consiglio Comunale, alias Antonio De Leo che amava opporsi a suon di carte bollate. Qui siamo oltre. Guai a sbagliare finanche un verbo in un comunicato, si finisce sulla graticola, sbeffeggiati, immiseriti. Niente passa inosservato. Tutto finisce sotto la lente di ingrandimento e giusto il tempo di respirare, questo tutto finisce subito sui giornali, in rete, sui social.
E a proposito di social, non ne parliamo. I critici sono in maggioranza. Ora è spuntata anche una nuova categoria: i satirici. Danno le pagelle agli amministratori, raccontano barzellette con sindaco e assessori protagonisti, li ridicolizzano. E se in Consiglio Comunale una qualche differenza emerge tra le due differenti opposizioni quantomeno nei toni ma spesso anche nei termini della loro azione istituzionale, sui social questa differenza non esiste. Supporter degli ex e supporter "adoniani" camminano a braccetto, all'unisono, sebbene evitano di parlarsi direttamente. Ma l'occhiolino se lo fanno, eccome.
Insomma, è un dare addosso agli amministratori comunali rei di aver gestito non in maniera perfetta  problemi ereditati dal passato: rifiuti, scuole e bilancio soprattutto. La situazione è talmente critica e allo stesso tempo confusa che i colleghi operanti sul posto, e sempre bene informati, parlano addirittura della possibilità di nuove quanto imminenti elezioni. Cioè, solo dopo quattro mesi dal loro insediamento Frosina e compagni avrebbero fallito e sarebbero pronti alla resa.
Certo, il silenzio degli amministratori e del Sindaco in particolare non aiutano a uscire fuori da questo pantano mediatico. Mi chiedo infatti, come è possibile che a distanza di quattro giorni dall'intervista fiume su Costa Viola On Line a Santina Parrello e Adone Pistolesi, nessuno della compagine governativa abbia sentito il dovere, nei confronti dei cittadini, di dire la sua? Perché non raccontano quanto accaduto dal loro punto di vista? Perché all'appello di Rocco Dominici, "rubato" e diffuso da queste colonne, non è seguita nessuna comunicazione ufficiale? Perché dopo gli auspicati confronti avuti con gli esperti della prefettura sulla situazione economico finanziaria del Comune, ancora non ne sappiamo nulla?
Ora, per carità. Non vorrei essere nei panni di Gregorio Frosina che mi dicono inchiodato alla sua poltrona di Sindaco da mattina a sera, a sgobbare, a lavorare e sulla cui buona fede e onestà non credo che esista in paese qualcuno che possa dire il contrario. Ma caro Gregorio, una mossa devi dartela, quantomeno sul piano mediatico. Non viviamo piu' negli anni Novanta quando a scrivere c'era solo Peppe Careri che dalle colonne della Gazzetta del Sud ti dava addosso ma poi tutto poteva essere attutito dal silenzio e dal lavorio sommerso quotidiano. No, viviamo nel Terzo Millennio dove la comunicazione di massa a portata di tutti, a portata di un click, piaccia o meno, la fa da padrona, crea, lancia, sedimenta messaggi. Per esempio, negli anni Novanta era impensabile che un nostalgico giornalista si inventasse un blog per amore del proprio paese e della scrittura e da ottocento chilometri di distanza, nelle ore libere, dicesse pubblicamente la sua. Eppure oggi "capita  che succede o succede che capita", tanto per rubare una battuta al simpaticissimo Paolo Caratozzolo, penna sottile quanto piacevole, che finalmente sembra essere ritornato intellettualmente in piena sintonia, sia pure indiretta, con Adone Pistolesi come a bei tempi della presentazione della lista del di lui cognato e del di lui cugino. Ma tant'è.
Chiudo con una domanda: Gregorio, o meglio, caro amico Signor Sindaco della mia Bagnara, il paese delle Meraviglie (Carbonello docet), non hai proprio nulla da dire? In fondo ti ho votato ed ho diritto di sapere come la pensi.

giovedì, ottobre 19, 2017

Quell'indimenticabile e profumatissima saponetta rosa

Non so perché, ma stasera mi è venuta in mente la saponetta Camay. Chi ricorda quell'inconfondibile colore rosa, quel profumo gradevolissimo e quella testa di donna impressa su un lato, un vero e proprio bassorilievo, un marchio di fabbrica che la contraddistingueva dalle altre saponette all'epoca in circolazione?
Correvano gli anni Ottana e a casa mia si usava rigorosamente Camay. E' vero che era un prodotto pensato piu' per le donne, ma essendo una saponetta ne facevamo tutti uso in famiglia senza distinzioni di genere.
Io l'adoravo. La utilizzavo non solo per lavarmi mani e viso, ma anche tutto il resto del corpo, come fosse un bagnoschiuma. D'estate poi non ne potevo fare a meno. Dopo una giornata di mare, insaponarsi con la Camay era un vero piacere, un vero e proprio rito propiziatorio, senza il quale uscire non avrebbe avuto la stessa piacevole freschezza. In realtà avevo l'impressione che piu' che insaponarmi mi stessi levigando. Mi sembrava che la mia pelle acquisisse maggiore lucentezza e allo stesso tempo si ammorbidisse rendendo piu' intensa e gradevole l'abbronzatura. Mi lasciava addosso un profumo unico che durava a lungo e che di tanto in tanto  amavo annusare sprofondando il mio naso sulla peluria dell'avambraccio anche molte ore dopo la doccia. Ma non era solo una mia impressione. L'odore della mia pelle lisciata dal Camay piaceva moltissimo anche alle mie fidanzatine dell'epoca.
Era un prodotto di successo in quegli anni, tra i piu' venduti. Quel nome, poi, si prestava a battute o a barzellette spinte nella mia lingua madre, il dialetto bagnarese. Come quella relativa a quell'uomo che si faceva insaponare sotto la doccia dalla sua donna e mentre questa strofinava la saponetta sulla sua pelle,  lui quasi inebriato dal piacevolissimo massaggio, con gli occhi chiusi seguiva l'andamento della di lei mano sul suo corpo sospirando e sillabbando  "Ca-may, Ca-may, Ca-may"...Fin quando però all'improvviso non esplodeva in un eccitatissimo "Ca-sempri". Quella mano insaponatrice aveva finalmente raggiunto le sue parti intime.
Ho cercato su Google notizie sulla Camay. Pare che sia stata ritirata dal mercato, almeno nei paesi occidentali. La venderebbero ancora in India
Non mi dispiacerebbe dopo oltre trent'anni potermi insaponare di nuovo con essa. Sarebbe un tuffo nel passato della mia fresca, meravigliosa e profumatissima adolescenza.

giovedì, ottobre 12, 2017

Legge elettorale, io preferisco il Cacatellum

E il Mattarellum non andava bene. E il Porcellum men che meno. Non ne parliamo dell'Italicum, figuriamoci del prossimo Rosatellum. Insomma, cari politici, fatela come volete questa legge elettorale, in ogni caso la sbaglierete comunque. Statene certi. Maggioritaria o proporzionale, con i listini bloccati o con le preferenze, con l'elezione diretta o con il doppio turno, ci sarà sempre qualcuno che la contesterà, che griderà al golpe e che agiterà lo spettro di una nuova marcia su Roma per affossarla. In Italia funziona cosi. E se in passato il rischio rispetto al quale venivamo messi in guardia  era quello di ritrovarsi a Palazzo Chigi un nuovo Duce, oggi invece è quello di beccarsene addirittura due al prezzo di uno: Silvio e Matteo, il vecchio e il giovane, il Sultano di Arcore e il pifferaio magico di Rignano, padre e figlio putativo, fatti ad immagine e somiglianza, uno lo specchio dell'altro, uniti nel nome del Rosatellum in un abbraccio amoroso quanto inciucioso che preluderebbe al futuro governo delle larghe intese. Non sia mai. Vada retro Saragat, direbbe Totò.  "Allarme, son fascisti" titolerebbe Travaglio confermando una sua personale tendenza alla battuta umoristica degna del grande principe De Curtis.
La verità è che in Italia le leggi elettorali sono come la pelle di certi attributi. Ognuno le tira verso dove piu' gli conviene. Non a caso siamo l'unico paese moderno, occidentale, democratico, liberale e industrializzato dove le leggi elettorali cambiano alla stessa velocità con cui noi cambiamo canale quando in tv c'è Fabio Fazio o Fazio Fabio per dirla alla Albanese. Non siamo un paese serio, neanche nelle denunce, nella critica. Tendiamo sempre ad esagerare, anzi ad esasperare, molto, troppo, eccessivamente. Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Non riusciamo a metterci d'accordo su nulla, non riusciamo a riformare nulla e alla fine siamo in grado di partorire solo "cagate" gigantesche che alla successiva legislatura verranno  sostituite da altre "cagate" gigantesche, i cui nomi finiscono sempre per "ellum".
Ecco, vi sembrerà una battuta, poco edulcorata, decisamente fuori luogo, ma proprio la naturale quanto nobile attività defecatoria potrebbe fare al caso nostro. Stamattina ho avuto un'intuizione grazie ad un gruppo su whattsapp dove tra amici sparsi ai quattro angoli del mondo ci scambiamo non solo opinioni calcistiche, politiche, informazioni su gossip locali, selfie, video e foto di donne nude, ma anche notizie circa la consistenza del frutto delle nostre rispettive attività defecatorie. Accade ogni mattina all'alba. C'è quello che si lamenta per il tappo,  l'altro che ci svela invece un'attività espulsiva molliccia, infine c'è sempre chi riesce a farla meglio degli altri, autentiche opere d'arte, dice. Discussioni e confronti di altissimo profilo, roba da accademici del pensiero profondo, seduti sul nostro trono mattutino siamo molto piu' seri degli pseudo statisti che ci governano. 
Da qui, l'idea geniale che ci risolverebbe molti problemi, soprattutto quello di capire il funzionamento dei nostri sistemi di voto, guarda caso, sempre complessi e complicati: anziché lambiccarsi il cervello per produrre "cagate" di leggi elettorali che non riescono mai a mettere d'accodo nessuno e che presto saranno soppiantate da "cagate" altrettanto gigantesche, i nostri politici non potrebbero eliminare il voto e decidere chi dovrà governare proprio sulla base delle loro defecazioni mattutine? Tanto sempre di cagate si tratterebbe. Andrà a Palazzo Chigi chi la farà piu' grossa degli altri, cosi Travaglio e Zagrebelsky finalmente la smetterebbero di gridare al golpe, al fascismo, all'attentato contro la Costituzione. Tra l'altro non dovremmo neanche scervellarci piu' di tanto per individuare il nome da dare a questo sistema psuedo elettorale. Sarebbe naturale definirlo "Cacatellum".

mercoledì, ottobre 11, 2017

Dal pesce alla patata,ormai si celebra di tutto.

"Per stasera ho voglia di pesce". Solo a dirlo mi era salita l'acquolina in bocca pregustando già la saporosità di una luccicante orata cotta al forno, di un pugno di fresche alici marinate e di un trancio di salmone abbrustolito ai ferri. Ma ecco subito, di getto, la battuta beffarda del mio interlocutore, anzi della mia interlocutrice, una collega. "Ah, si, hai voglia di pesce? Bene, hai scelto il giorno giusto per dichiararti".
Eh già, io non ne sapevo niente, ma oggi si celebra il Coming Out Day, il giorno dell'orgoglio gay, quello in cui puoi venire allo scoperto, liberarti del peso di aver nascosto per tutta la vita la tua omosessualità. Oggi lo puoi gridare ai quattro venti, diffonderlo urbi et orbi, dichiararlo spudoratamente ai tuoi cari, ai tuoi amici, fin'anche a tua moglie se ne hai una o a tuo marito se sei lesbica. Nessuno in teoria ti giudicherà, cascate di solidarietà invece ti cadranno addosso, l'umana comprensione avvolgerà il tuo essere e tu non ti sentirai piu' da solo rinchiuso dentro il tuo segreto per tenerti al riparo da pregiudizi e razzismi vari. O almeno si spera che sia cosi. Uscire allo scoperto fa bene alla salute, alla psiche, aiuta il movimento omosessuale ad essere piu' forte nel rivendicare con maggiore vigore i propri diritti.
Ed allora, apritevi, Cribbio. Dichiaratevi. Si, dico proprio a voi. Cosa? Io? No, per carità, non fraintendete. Personalmente non ho nulla da dichiarare o pesi di cui liberarmi poichè, sessualmente metaforizzando, l'alimento che continuo a preferire è ancora di gran lunga quello di sempre, sempre lo stesso, ovvero la patata, meglio se croccante, lessa mi piace un pò meno, anche se a digiuno non vi nascondo che va bene pure quella.
Nulla contro l'omosessualità, ho un paio di amici, uomini, gay, qualcuno fraterno, solo che ognuno ha i propri gusti ed io ho i miei. A ciascuno la propria dieta.  A chi piace il pesce vada il pesce, a chi la patata vada la patata. E vissero tutti felici e contenti.
Il punto è che mi hanno indotto a non sopportare le celebrazioni. Ne siamo invasi. Se ne inventano una al di. Non c'è giorno infatti che passi che non si celebri qualcosa. Praticamente celebriamo tutto l'anno. Il continuo proliferare di queste ricorrenze produce una conseguenza: ne inflaziona il senso rendendone meno autorevoli i messaggi sebbene originariamente importanti. E' come se fosse una moda celebrare qualcosa tutti i giorni e come tutte le mode alla fine anche questa stanca.
Addirittura ci sono giorni con celebrazioni doppie. Come oggi, per esempio, dove al Coming Out Day si aggiunge la Giornata Internazionale delle bambine, quando solo appena l'altro ieri abbiamo celebrato quella dei nonni. Ma qui, per amor di Dio, il discorso si fa un pò piu'  serio poichè leggo che nel mondo ogni anno 44 milioni di ragazzine subiscono violenze o mutilazioni fisiche. Numeri spaventosi. Avendo una figlia di 12 anni mi vengono i brividi solo a pensarlo, quantunque, ne sono certo, mi sarebbero venuti anche se non fossi stato padre. Ricorrenza importante, dunque, rievocazione sacrosanta, iniziative lodevoli, momenti di riflessione collettiva da sostenere e incoraggiare.
Ma, Dio Santo, in questo contesto Facebook cosa ti fa? Triplica. Si, triplica, istituendo, sua sponte, la celebrazione del futuro delle bambine e della leadership femminile che verrà (sic!).
Ma tant'è. Fortunatamente domani riposeremo. Nessuna celebrazione in vista. Almeno per noi italiani. Per gli Spagnoli invece il 12 ottobre ricorre la Festa Nazionale. Ma ho seri dubbi che domani in Catalogna avranno voglia di festeggiare.

Il Premio Mia Martini, amarcord

Il Palatenda
Che serate. Quale passione. Che personaggi. Io il Premio Mia Martini l'ho visto nascere. C'ero. Ci sono stato, sin dall'inizio. Da giornalista. Ma anche da amico dei fratelli Romeo, del patron Nino, del "compare" oggi vicesindaco Mario, di Pino e ovviamente di Rodolfo Bova, cugino della grande Mia. C'ero dietro le quinte, tra gli ospiti, nei camerini, nel dopo festival al bar Cardone. L'ho vissuto dal di dentro il Premio. Quanti di voi, per esempio, sanno chi è Mario Garrambone? È colui che, praticamente da sempre, crea le scenografie nel palatenda di piazza Municipio. Quante persone ho conosciuto grazie al Premio. Bagnara si riempiva di facce nuove in un periodo dell'anno solitamente piatto, senza presenze turistiche, quando praticamente per le strade  non "c'era anima viva". Per una settimana il paese si rianimava nel nome della grandissima Mia Martini, bagnarota nell'anima, in quelle fresche serate autunnali in cui passeggiare in Via Marina o tirare tardi in piazza era un piacere. Ed allora capitava che al Pub Dali ti trovavi al bancone a bere una birra con Gragnaniello o al ristorante da Saverio a chiacchierare con Daniele Piombi.  O ad intervistare aspiranti cantanti nella saletta dell'Albergo delle Rose. Quanta umanità. E quanti articoli. Esperienze che mi porto nel cuore. Una Bagnara bella. L'ultima volta che ho visto il Premio è stato nel 2003. Non so a quale edizione oggi sia arrivato. Tante comunque. Perdonatemi questa rievocazione in chiave nostalgica. Ma questa è la settimana del Mia Martini a Bagnara.