lunedì, ottobre 27, 2008

Pinocchio Veltroni e l'inadeguatezza della sua leadership


Il balletto dei numeri. Due milioni e mezzo per gli organizzatori, appena duecentomila per le forze dell'Ordine. Ancora oggi, a distanza di due giorni dalla manifestazione del Pd a Roma, non si capisce bene quante siano state le persone affluite sabato pomeriggio al Circo Massimo. Ma il sospetto che siano state molte, ma molte di meno di quelle annunciate troppo entusiasticamente da Valter Veltroni, è davvero grande.

Se è vero, infatti, che ogni metro quadrato di superficie può contenere non più di 4 persone e se è altrettanto vero che l'area del Circo Massimo è di 140.000 mq, allora il conto è presto fatto: nella migliore delle ipotesi al raduno del Pd hanno partecipato circa 560.000 persone. Da qui non si scappa.

Pinocchio Veltroni ieri si è risvegliato con il naso più lungo.

Mi chiedo come si fa a mentire così spudoratamente sapendo benissimo di poter essere subito smentito, non dal nemico Berlusconi, bensì dalle leggi della fisica. Mah...

Tuttavia voglio essere scemo e quindi voglio bermi tranquillamente le bugie del leader del Pd. Cosa cambia? Voglio dire: quale messaggio si è voluto lanciare agli italiani evidenziando la grandezza di quei numeri? Che forse il Governo di centrodestra non gode più della fiducia della maggioranza del Paese? Ricordo che alle primarie "farsa" dello scorso anno parteciparano in tre milioni e mezzo. Poi, però, alle elezioni le cose andarono come andarono: il Pdl vinse, anzi stravinse.

Insomma, non è rimpiendo le piazze che si diventa maggioranza di governo.

La realtà è che Veltroni ste cose le sa bene e il suo intendimento non è stato misurare il grado di fiducia degli italiani nei confronti di Berlusconi, bensì quello del Pd nei suoi. E qui sta il punto: l'aver voluto enfatizzare l'evento di sabato scorso ogni oltre verosimile misura numerica sconfinando di fatto nella menzogna clamorosa, ovvero nella bugia tipicamente puerile poiché solo i bambini si inventano storie così talmente incredibili, ha prodotto un solo effetto: aggiungere ulteriori argomenti alla inadeguatezza della sua leadership.

Insomma, la festa è davvero finita e Dalema, sornione, se la ride sotto i baffi.

giovedì, ottobre 23, 2008

Ma Barack che ci azzecca?


Apprendo dai giornali che la manifestazione del Pd di sabato al Circo Massimo sarà ovviamente in perfetto Veltroni Style. Un palco enorme, star e starlette dello spettacolo ed una passerella, che, squarciando in due la folla, consentirà ai testimonial di questa kermess di sfilare uno alla volta in mezzo al popolo del Pd.

E fin qui nulla di strano. Poi leggo che la cornice dell'evento sarà rappresentata da quattro gigantografie dedicate nell'ordine a Vittorio Foa, Roberto Saviano, Ingrid Bentacourt e Barack Obama.
A sto punto rifletto e dico. Giusto l'omaggio a Vittorio Foa. L'icona di Roberto Saviano esibita quale simbolo antimafia rientra tuttosommato in una lunga tradizione della sinistra italiana. Comprensibile, anche se leggermente fuori luogo e decisamente fuori tema (il titolo della manifestazione è infatti "Salviamo l'Italia)", la presenza iconografica della Betancourt come richiamo all'impegno umanitario.
Ma Barack Obama che ci azzecca? Quale valore richiama? Cosa centra con una manifestazione che vuole essere solo e soltanto una protesta contro le politiche del Governo Berlusconi? Fossi Francesco Totti mi incazzerei di brutto. La sua foto, nel cuore della sua Roma, avrebbe avuto più senso. Tra l'altro, Vuolter un posto in prima fila al matrimonio del Pupone ce l'ha avuto addirittura nella qualità di testimone di nozze. Perché mai Francesco non dovrebbe averlo il giorno del funerale politico dell'amico Vuolter? Ed, invece, no. Meglio Barack...
Ma tant'è, che volete che vi dica. Aspettiamo sabato e poi capiremo. Vuolter ce lo spiegherà il perché di questa presenza a stelle a striscie, o no? Penso proprio di si. L'ha voluta direttamente lui, così come, credo, sia stata una sua scelta personale anche la colonna sonora dell'evento. A tale proposito, mi viene un dubbio: chissà se nella scaletta avrà inserito anche quella famosa canzona napoletana il cui ridondante ritornello fa: "...tu vo fa l'americano, mericano, mericano...ma si natu in Italy...senti a me nun ce sta niente a fa...tu vo fa l'america'" !!!!

mercoledì, ottobre 22, 2008

La Pantera e le Colombe


Una prevaricazione. Un abuso. Un sopruso. Una prepotenza. Una vera e propria violenza. Picchettare gli istituti scolastici e le università equivale a tutto questo. Equivale ad impedire a chi la pensa diversamente di esercitare i propri diritti, le proprie sacrosante libertà.

Domani gli studenti italiani ci riproveranno. Si piazzeranno davanti alle loro scuole e ai loro atenei e ne okkuperanno gli ingressi.

Non è il merito della protesta che ci interessa. Ognuno è libero di pensarla come vuole. Ma i discutibilissimi metodi con cui la si vorrebbe portare avanti. Metodi da squadristri, da nazi-fascisti, da comunisti stalinisti: qui comandiamo noi e a nessuno è data la possibilità di dissentire. Altrimenti, giù con le randellate. In quattro parole: violenza allo stato puro.

Un conto è manifestare, scioperare, sfilare in corteo, dissentire, inveire contro. Altro è, invece, utilizzare la forza per imporre le proprie ragioni. E di questo stiamo parlando. O no?

Negli anni delle Okkupazioni con la K ero studente universitario anche io. Il focolaio della protesta (contro la riforma Ruberti) si accesse a Palermo, si estese poi in tutt'Italia, passando anche da Messina, dalla mia facoltà, scienze politiche.

Li ricordo gli occupanti. Molti indossavano l'eskimo, qualcuno aveva i capelli rasta, altri vestivano più conformemente, parecchi rullavano, tutti filosofeggiavano. Li vedevi lì bivaccare tra aule e corridoi, discutere animosamente di minimi e massimi sistemi, con quell'aurea da dotti, da sapientoni, da chi insomma la sa lunga mentre tutti gli altri sono soltanto fessi e ignoranti.

Ma non erano la maggioranza Erano soltanto una minoranza che con la forza impediva al resto della facoltà di proseguire regolarmente con gli studi.

Non si trattò di un giorno, né di una settimana. L'occupazione andò molto oltre facendo saltare diverse sessioni di esami.

Ma col passare del tempo, tra i non occupanti incominciò a montare un certo malumore, che man mano si andò trasformando in una vera e propria ondata di controprotesta. C'era chi rischiava di vedersi slittare anche di un anno la laurea. Chi, invece, più miseramente temeva di partire militare non potendo dare la seconda preziosissima materia. Ma c'era anche chi riteneva non giusta quell'occupazione in quanto violenta. Appunto.

Fatto sta che un bel dì un gruppetto di studenti (una quindicina circa) formatosi spontanaemente lungo i corridoi della facoltà decise di rompere la tregua e di passare all'azione. Dieci di loro si diressero verso l'aula magna dove si stava tenendo l'ennesima assemblea. Entrarono correndo e urlando slogan a favore della liberazione. Furono momenti di altissima tensione. Si rischiò lo scontro fisico, anche perché dalla presidenza, cabina di regia dell'occupazione, scesero i rinforzi pro-occupanti.

Bingo. Il pesce aveva abboccato. I cinque che del gruppetto non avevano partecipato all'irruzione, si diressero, infatti, verso la stanza del Preside di Facoltà (momentaneamente lasciata sguarnita), si chiusero dentro a chiave e utilizzando il fax cominciarono a mandare iil seguente messaggio alle università di mezza Italia: Scienze Politiche, Messina, DISOKKUPATA.

Mezz'ora dopo intervenne la Digos. L'ordine pubblico ormai era stato ineluttabilmente messo a rischio. Si temevano incidenti. Di conseguenza, la facoltà fu sgomberata. Tutti fuori. Scienze Politiche ritornò libera.

Il giorno seguente i giornali e le televisioni locali titolarano: le Colombe liberano Scienze Politiche.

Non so perché scelsero quel termine (Colombe). Ma di sicuro non sbagliarono. Partecipando a quell'azione di controprotesta mi sembrò infatti di spiccare il volo verso la libertà: avevamo riconquistato uno spazio che altri avevano voluto occupare solo con la forza e la violenza.

martedì, ottobre 21, 2008

Brevi pensieri in libertà


Dipietro fascista ma sta a sinistra.
I missini che danno del democristiano a Fini.
L'ex comunista Veltroni che ama l'ex odiata America.
L'anticomunista Berlusconi che si prende per mano col sovietico Putin.
Il liberista Tremonti che tuba con la Destra Sociale.
Il Catania in Champion League e la Juve in zona retrocessione.

Un'Italia alla rovescia.

lunedì, ottobre 20, 2008

Preferivo il Riformista originale


Lo preferivo com'era prima. Un giornale di nicchia, dalla grafica austera, poche pagine e molti ragionamenti. Insomma, un quotidiano pensante, piacevole da leggere, piacevolissimo da maneggiare, intellettualmente e politicamente autorevole, un pò come il Foglio e come quest'ultimo orgogliosamente elitario in quanto rivolto alla classe dirigente del Paese e non alle masse.
Oggi è tutta un'altra cosa, un quotidiano generalista, uno come molti altri, anzi peggio di molti altri.

Parlo del Riformista che stamattina è arrivato nelle edicole nella sua nuova versione. Detto senza molte perifrasi, non mi piace. Detto ancora più ferocemente, mi sa tanto di giornaletto free-press di quelli che distribuiscono gratuitamente in metropolitana. Grafica e impaginazione scadenti, contenuti insufficienti per un quotidiano "normale" (solo 32 pagine), scarsissima qualità della carta.
La scommessa di Polito (e forse anche di Dalema) può essere sintetizzabile nella seguente equazione: il nuovo Roformista vorrebbe stare al PD come Libero sta al PDL. Di fatto, si vorrebbe soppiantare l'Unità con la recondita speranza di rosicchiare, giorno dopo giorno, copie e lettori anche alla corazzata Repubblica.

Vedremo. Ma se il buongiorno si vede dal mattino....caro Polito...buonanotte!!!

giovedì, ottobre 16, 2008

I fischi tunisini e l'Eurabia della Fallaci

I tunisini hanno fischiato la marsigliese. Lo hanno fatto in occasione dell'amichevole di martedì sera tra la loro nazionale e quella francese allo Stade de Paris. Fischi impressionanti. Un autentico boato. Erano molti, moltissimi. Quasi metà stadio. Il problema è che la stragrandemaggioranza di loro risultano essere tunisini di seconda e terza generazione. Quindi, tunisini nati in Francia, ergo cittadini francesi.
Alla faccia dell'integrazione.

Per una bandiera bruciata a Sofia, qui in Italia si è scatenato il puteferio. Giusto. Gesto deprecabile da condannare senza possibilità di appello. Ma mi chiedo, rispetto a quanto accaduto l'altra sera a Parigi, dove sono andate a finire le cassandre italiche dell'antifascismo militante, che poi sono le stesse dell'integrazione a tutti i costi e costi quel che costi? Tutti zitti e acqua in bocca.

La Fallaci aveva ragione. L'Eurabia non è un'invenzione letteraria. E' la realtà.

I fischi dell'altra sera dei tunisini non rappresentano un fenomeno isolato. Sempre a Parigi e sempre in occasione di amichevoli tra nazionali di calcio (amichevoli?), si erano già esibiti in assordanti dissensi sonori, prima gli algerini (2001) e poi i marocchini (2007). Anche in quelle circostanze, i tifosi ospiti altro non erano che francesi nati e cresciuti nelle banliue parigine.

Alla rifaccia dell'integrazione.

Ci sono popoli e popoli, culture e culture. C'è chi si integra perfettamente nel paese ospitante, chi di integrazione, invece, non vuole sentirne parlare.

In occasione della sfida tra Argentina e Italia ai mondiali del 1978, fu chiesto ad un italoargentino cosa sarebbe successo allo stadio di Buenos Aires in caso di goal. Quello rispose: "Semplice: se segna l'Italia esulteremo in quarantamila, se segna l'Argentina esulteremo in ottantamila".

Ora, care cassandre di cui sopra, non venitemi a raccontare che anche noi siamo stati un popolo di emigrati. Noi lo siamo stati davvero, gli altri, invece, lo devono ancora dimostrare.

P.S. Per la cronaca e per chi lo ricordasse, ad esultare furono poi soltanto in quarantamila per una magica zampata di Roberto Bettega.

mercoledì, ottobre 15, 2008

Dieci, cento, mille Saviano.Ma credo non basterebbero...


Saviano è costretto a scappare dall'Italia. La fatwa lanciatagli dai casalesi lo costringe a fuggire lontano dal suo Paese e quantunque sia organizzata e protetta dallo Stato, sempre di fuga si tratta. Che tristezza.

Scappa Roberto. Scappa più veloce che puoi. Ma non smettere di farci sentire la tua voce.

Vorrei dieci, cento, mille Saviano. Ne vorrei in Campania, in Sicilia e nella mia amatissima Calabria. Ma credo non basterebbero. Quelli lì, sono un vero e proprio tumore. Ne becchi cento, ne spuntano mille. Metastasi che si riproducono continuamente.

Una volta un mio amico milanese mi disse: "io so come risolvere il problema della 'ndrangheta". Come? "Facile, prendiamo tutti i calabresi e li trasferiamo in Svezia. Poi prendiamo tutti gli svedesi e li portiamo in Calabria".

Facile, appunto!!!

lunedì, ottobre 13, 2008

Ora vi dico come la penso sulla crisi dell'ippica


Da una settimana l'ippica italiana è ferma. Ippodromi chiusi e corse annullate. E' in atto uno sciopero generale dei 70 mila addetti al mondo dei cavalli. La protesta nasce dalla profonda crisi che da anni attanaglia il settore. La maggior parte delle scuderie sono parecchio indebitate, mentre drivers e fantini, ad eccezione di pochi fortunati campioni, non riescono più a mettere assieme il pranzo con la cena. I sindacati di categoria chiedono l'intervento dello Stato per un rilancio del mondo dei cavalli, partendo innanzitutto da una decisiva ed efficiente riorganizzazione dell'Unire, l'ente, vigilato dal Ministero dell'Agricoltura, che finanzia l'ippica nazionale.

Non conoscevo questo mondo. L'ho scoperto soltanto un paio d'anni fa trasferendomi a Roma. Abito ad un passo da Tor di Valle ed una sera, una afosissima sera d'estate, vidi dal balcone di casa mia i fari dell'ippodromo illuminare a giorno l'intera zona. Mi sono detto: ecco, ho deciso cosa fare. Vado a vedere per la prima volta in vita mia una corsa di cavalli. Detto, fatto. Non vi nascondo che sono rimasto subito affascinato. Vedere trottare 20 cavalli tutti assieme è davvero emozionante. Quando ti passano davanti, lo spostamento d'aria che avverti è simile a quello di un treno in corsa. La forza e la bellezza di questi animali non hanno paragoni in natura.

La mia curiosità mi ha spinto oltre. Non mi bastava più vederli correre, ma volevo capire cosa succede dietro le quinte di una corsa, come i cavalli vengono allenati, cosa gli danno da mangiare, chi se ne prende cura. Insomma, il mattino successivo (era sabato) sono ritornato all'ippodromo ma dalla parte delle scuderie. Non mi dilungo con i dettagli di quanto visto, ma è stato lì che ho iniziato ad intrecciare rapporti amichevoli con alcuni addetti ai lavori, semplici artieri, ricchissimi proprietari e fin'anche qualche collega giornalista. Col tempo ho imparato molte cose che prima non conoscevo e oggi a distanza di due anni da quella mia prima visita ad un ippodromo, vi dico con molta franchezza che se l'Ippica chiude, mi dispiace per le famiglie che ci campano e per i veri appassionati, ma in fondo sono contento. E ora vi spiego il perché.

Le conoscenze di cui sopra, infatti, non solo mi hanno aiutato a farmi una cultura equina di medio livello, ma mi hanno soprattutto consentito di scoprire il nefasto mondo delle scommesse. Un mondo di fallimenti, di matrimoni finiti per colpa del gioco, di ricchi patrimoni sperperati nel giro di pochi mesi, di prestiti, di usurai, di gente finita praticamente in mezzo ad una strada, di professionisti diventanti poveracci, di poveracci diventati barboni. Ho raccolto storie per interposta persona, racconti di drammi altrui, ma anche tragiche vicende personali apprese dalle parole dei diretti interessati.

Conosco un tipo che prima di perdere tutto al gioco faceva l'idraulico, aveva una bella famiglia, una casa stupenda, ricchi guadagni, molte amicizie. Oggi vive dentro un furgone scalcinato, ci mangia e ci dorme, per i bisogni intimi usa i bagni dei locali pubblici, mentre per farsi una doccia è costretto una volta la settimana ad entrare abusivamente nello spogliatoio di una piscina comunale.

La febbre da cavallo ti prende e ti coinvolge. E' una spirale da cui non esci più. Se ci caschi sei praticamente finito. La mania del gioco è una vera e propria malattia compulsiva. Ci sono mille modi e mille occasioni per contrarla. Forse sta scritta nel dna delle vittime. Ma se per tua sfortuna la becchi con i cavalli, ne subirai le tragiche conseguenze molto più rapidamente che in altre circostanze. Tutto è più veloce., maledettamente più veloce. I soldi vanno via molto più celermente che in qualsiasi altro tipo di scommessa.

Ogni giorno sono almeno otto gli ippodromi italiani dove si svolgono corse ufficiali. In ciascuno di questi ippodromi le corse in programma sono almeno sette. Il conto è presto fatto: minimo 54 gare al dì a disposizione degli scommettitori. Un'enormità. Una corsa ogni cinque minuti per quattro, cinque ore consecutive, sette giorni su sette, per tutto l'anno, compresi Natale e Capodanno.

Ho visto persone giocare e perdere in pochi secondi migliaia di euro. A ripensarci ancora oggi mi vengono i brividi. Ma ho visto anche semplici impiegati, pensionati, operai, perdere cinquanta o cento euro al giorno. Molto di più delle loro possibilità economiche. Gente rovinata. E credetemi ne ho visti parecchi.

Scomettitori sono anche molti degli stessi drivers (non potrebbero farlo), molti degli stessi proprietari, insomma anche molti degli stessi addetti ai lavori. Ed allora, mi è spesso, anzi spessissimo, capitato di sentire parlare di acchittamenti, ovvero di gare falsate a tavolino per fare vincere questo o quello, di cavalli dopati, anzi di asini che all'improvviso sembrano diventare più forti di Varenne e vincono con dispersione sugli altri avversari. Ormai anche tra gli stessi scommettitori la fiducia sulla regolarità delle corse è praticamente a livello zero.

Chiacchiere da bar, si chiaro. Ma vedendo certe corse, il sospetto che tutto possa essere vero è più che fondato. Del resto, la cronaca giudiziaria degli ultimi mesi ci ha confermato la presenza anche della criminalità organizzata in certi ippodromi.

Insomma, uno schifo.

Non ho mai sentito parlare di famiglie rovinate per colpa del totocalcio o delle scommesse calcistiche. Ho sentito, invece, parlare di gente andata in malora per il vizio dei videopoker, dei casinò, delle carte. Ma credetemi, nulla rispetto a quanto i miei occhi hanno visto e le mie orecchie hanno sentito nel mondo delle corse ippiche.

Per qualche anno ho giocato la Tris. Tre euro il mercoledì e tre euro il venerdì per cercare di beccare il Quintè che solitamente si attesta sulle decine, a volte anche centinaia di migliaia di euro. Un investimento a perdere. Pochi spiccioli buttati lì, tanto per provarci.

Mi sento un fortunato. Forse nel mio dna non c'è il gene del vizio del gioco. Ho giocato la tris, così come ancora oggi gioco al superenalotto. Punto nella speranza di vincite consistenti che possano cambiarti la vita. Ma da qualche mese, quelle tre euro alla Tris ho deciso di non puntarle più. Non me la sento, infatti, di continuare a finanziare, sia pure con quote insignificanti, uno Stato che incassa annualmente centinaia di milioni di euro sulla pelle di centinaia di migliaia di famiglie italiane mandate in rovina per colpa del maledetto vizio dei cavalli.

Se l'ippica chiude, non ne sentirò la mancanza!!!

venerdì, ottobre 10, 2008

Cofferati e la rivoluzione dei "mammi"


Cofferati lascia. Il prossimo anno non si ricandiderà a Sindaco di Bologna. Stanchezza? Dissidi con gli alleati politici? Qualche altra poltronissima in vista? Neanche per sogno. Nulla di tutto questo. Sergio smette i panni di primo cittadino per indossare quelli di papà. E già, la ragione di questo clamoroso abbandono è proprio questa. Lui vive e lavora a Bologna. La moglie e il figlio, invece, hanno dimora a Genova. Per riunire la famiglia, mamma e bambino ogni fine settimana devono sobbacarsi 600 chilometri in automobile. Cofferati ha detto stop a questo andirivieni. Non vuole che il figlio cresca in autostrada.

Nobile, nobilissima motivazione se fosse vera e non vi sono motivi per credere che non lo sia. Il Foglio di Ferrara prende la palla al balzo e gli dedica un simpaticissimo articolo in prima pagina dal titolo "Sei forte papà". Sottotitolo: "Cofferati e Cameron danno il via libera alla rivoluzione maschile dei figli da crescere".

Rivoluzione? Che vuol dire? Che forse non esistevano già i mammi? Che forse nelle città, specie nelle metropoli, non sia normale vedere comunissimi papà che portano i figli all'asilo, che li vanno a riprendere, che poi li accompagnano al parchetto, li riportano a casa, gli fanno il bagnetto, gli mettono il pigiamino, gli preparano la pappa, gli fanno la ninna, gli fanno tutto questo perché le mamme, quelle vere, hanno turni di lavoro incompatibili con l'adempimento di certi doveri familiari?

Ma Ferrara se l' immagina veramente, Cofferati e Cameron, intenti a trafficare in cucina tra i fornelli per prepare da mangiare ai piccoli?

Io non riesco proprio a vederceli.
So solo che mi sono specializzato in certi sughetti che mia figlia e anche mia moglie (quando rientra alla dieci di sera) sembrano gradire decisamente (sic!!!)

L'Europa non esiste e a pagare sono sempre i più deboli


La picchiata continua. Le borse viaggiano ancora a testa in giù. Anche stamani cali vertigionosi un pò dappertutto. Una corsa pazzesca verso l'impoverimento generale che nessuno sembra essere in grado di arrestare. Gli scricchiolii dei giorni scorsi si stanno man mano trasformando in autentiche scosse telluriche. Insomma, un vero e proprio terremoto finanziario ad alta magnitudo che sta facendo tremare l'intero pianeta.
E intanto la confusione regna sovrana, mentre la speranza sta lasciando, via via, sempre più spazio alla paura, al panico.

Le cronache ci raccontano che l'Italia al momento sta messa meglio di molti altri paesi. I nostri istituti di credito, Unicredit a parte, sarebbero più solidi. Il management bancario italiano, infatti, in questi anni si sarebbe tenuto alla larga, ben distante da quei diabolici meccanismi finanziari che sono all'origine dei crolli attuali. Magra consolazione, poiché nel momento in cui la crisi passerà dall'alta finanza speculativa all'economia reale anche noi ne pagheremo, eccome, lo scotto. Staremo a vedere.

Chiudo con due semplici quanto banali considerazioni. Primo: l'Europa non esiste più. Si è disciolta alla prima vera difficoltà. Rispetto alla crisi, ciascun Paese membro ha, infatti, deciso di fare da se. Un clamoroso rompete le righe che ne ha certificato urbi et orbi la morte.

Secondo: a pagare sono sempre i più deboli. I risparmatori rischiano di vedersi andare in fumo i sacrifici di una vita. I loro conto correnti, infatti, potrebbero essere a rischio. A farla franca sono, invece, i più forti. Anzi, peggio ancora, i responsabili di tutto sto casino. Parlo del management bancario americano che, nonostante il fallimento dei loro istituti, lesti e beati si sono intascati lautissime stock option (rapine a mano armata). L'amministratore delegato della Aig, il colosso assicurativo salvato nei giorni scorsi con ben 85 miliardi di dollari dal governo statunitense, ieri è passato alla cassa per riscuotere la sua buona uscita: 40 milioni di dollari.
Questo è capitalismo? Questo è mercato? No, questo è soltanto uno schifo!!!

mercoledì, ottobre 08, 2008

Quel sogno milionario da incubo


Stanotte ho sognato di vincere al Superenalotto. Che sogno ragazzi. Ero davanti al televisore, la schedina in mano, la pagina 598 del televideo rai e quei sei numeri che uno alla volta lampeggiando comparivano sul video. E uno...e due...e tre...e sei. Non ci credo..no...non è possibile...Li rileggo piano, lentamente e poi li rileggo ancora due, tre, quattro volte di seguito. Si.si.siiiiiiiiiiiiii E' la sestina giusta. Impazzisco. Corro avanti e indietro lungo il salone. Salto sul divano, mi arrampico sul mobile, il cuore batte a mille all'ora, quasi ci rimango stecchito. Brindiamo. Champagne a volontà. Abbraccio mia moglie, stringo forte mia figlia...care i problemi sono finiti, siamo ricchi... SETTACINQUEMILIONIDIEURO...MAMMA MIA...

Nel sogno, sogno di sognare. Mi addormento ed ecco comparire la villa a Cortina, il superattico a Miami, la Ferrari in garage e Lapo Elkan che mi fa un baffo. Mi risveglio dal sogno del sogno. Vado in banca. Entrando mi squilla il telefono. "Ah ciao Roberto, ci vediamo domani così valuteremo assieme la tua proposta". Attacco, mia moglie mi chiede, io rispondo: "Era soltanto Colaninno. Mi ha proposto di entrare nella Cai".

Il direttore nel frattempo ci è venuto incontro. Non ha una bella faccia. Sembra uno che non ha dormito. Anzi, sembra prossimo al suicidio. "Direttore, buongiorno. Che succede?". Farfuglia una risposta. "Beh...sa...ora le spiego...ecco, ma venga si accomodi". Lo guardo. Mi guarda. Mi accomodo e secco gli dico: "Allora direttore, dobbiamo spostare 2o milioni sul conto in Svizzera, 10 li devo donare ai miei familiari, 20 li presto a Ricucci, con il resto faremo delle operazioni in borsa".

Non alza gli occhi, ma serafico mi chiede: "Ma li ha letti i giornali stamattina?". No, perchè? "Beh, proprio stanotte mentre la Sisal completava il bonifico dei suoi soldi sui nostri conti, noi come banca fallivamo, così come tutte le principali banche italiane. Sa, la crisi dei mutui subprime...". Che significa? "Che dei 75 milioni di euro gliene sono rimasti appena 103 mila". Fine del sogno.
Domani si rigiocherà al Superenalotto. Il Jackpot probabilmente salirà oltre gli 80 milioni di euro. Ma io, dopo 12 anni consecutivi che gioco sempre gli stessi numeri, questa volta non me la sento di rischiare. Non si sa mai vincessi veramente....

lunedì, ottobre 06, 2008

Le borse vanno giù. L'Europa sente aria di crisi


Lo avevamo previsto. E in realtà non era poi così tanto difficile prevederlo. Al crack finanziario americano, sta seguendo quello europeo. Al momento la crisi è soltanto minacciata. Ma i segnali che dalle minacce presto si potrebbe passare alle vie di fatto, ci sono tutti.

Se la Merkel annuncia che il suo Governo garantirà tutti i conti bancari dei risparmiatori tedeschi, implicitamente ammette che questi potrebbero essere a rischio. Se Sarkozy convoca a Parigi il G4 per studiare misure preventive rispetto alla crisi, significa che questa già bussa alle porte del Vecchio Continente, mentre l'idea rilanciata da Berlusconi sulla costituzione di un fondo UE di garanzia manifesta una chiara preoccupazione sulla incipiente penuria di liquidità in circolazione. E se ci mettiamo pure la circostanza che i Paesi Bassi hanno già provveduto a salvare con denaro pubblico i loro principali istituti di credito, allora il quadro che ne esce fuori è per niente rassicurante. Insomma, ci si sta preparando al peggio.

La prova che la situazione è maledettamente seria è venuta proprio stamani dalle borse. Nonostante i sopracitati tentativi di ridare traquillità ai mercati, le principali piazze europee, infatti, hanno riaperto decisamente al ribasso.

Le nubi minacciose che si stanno addensando all'orizzonte rischiano di scaricare i primi violentissimi temporali proprio sulla testa di noi italiani. Unicredit è in grave difficoltà e pare che neanche la preannunciata ricapitalizzazione potrebbe salvarla da un declino quasi certo. Cosa accadrà nei prossimi mesi o peggio ancora nelle prossime settimane?

Rispetto alla drammacità di questi momenti, il problema è sempre lo stesso. Nessuno sa che pesci pigliare. Nessuno, cioé, sembra avere pronta la ricetta giusta per tirare fuori l'Occidente da questa situazione. Si viaggia solo per ipotesi o meglio per tesi ed antitesi. C'è chi sostiene la libertà dei mercati, chi, invece, la necessità di interventi pubblici. Gli americani hanno scelto quest'ultima strada. Noi europei probabilmente li seguiremo.

Non è un bel lunedì. Tra l'altro, qui a Roma, il tempo è grigio e il cielo promette pioggia. Mi consolo pensando che la mia Reggina ieri è riuscita a strappare un pari casalingo al forte Catania. Son sicuro che anche quest'anno, nonostante le solite cassandre del malaugurio, riusciremo a salvarci. (SIC!!!)