Alla faccia dell'integrazione.
Per una bandiera bruciata a Sofia, qui in Italia si è scatenato il puteferio. Giusto. Gesto deprecabile da condannare senza possibilità di appello. Ma mi chiedo, rispetto a quanto accaduto l'altra sera a Parigi, dove sono andate a finire le cassandre italiche dell'antifascismo militante, che poi sono le stesse dell'integrazione a tutti i costi e costi quel che costi? Tutti zitti e acqua in bocca.
La Fallaci aveva ragione. L'Eurabia non è un'invenzione letteraria. E' la realtà.
I fischi dell'altra sera dei tunisini non rappresentano un fenomeno isolato. Sempre a Parigi e sempre in occasione di amichevoli tra nazionali di calcio (amichevoli?), si erano già esibiti in assordanti dissensi sonori, prima gli algerini (2001) e poi i marocchini (2007). Anche in quelle circostanze, i tifosi ospiti altro non erano che francesi nati e cresciuti nelle banliue parigine.
Alla rifaccia dell'integrazione.
Ci sono popoli e popoli, culture e culture. C'è chi si integra perfettamente nel paese ospitante, chi di integrazione, invece, non vuole sentirne parlare.
In occasione della sfida tra Argentina e Italia ai mondiali del 1978, fu chiesto ad un italoargentino cosa sarebbe successo allo stadio di Buenos Aires in caso di goal. Quello rispose: "Semplice: se segna l'Italia esulteremo in quarantamila, se segna l'Argentina esulteremo in ottantamila".
Ora, care cassandre di cui sopra, non venitemi a raccontare che anche noi siamo stati un popolo di emigrati. Noi lo siamo stati davvero, gli altri, invece, lo devono ancora dimostrare.
P.S. Per la cronaca e per chi lo ricordasse, ad esultare furono poi soltanto in quarantamila per una magica zampata di Roberto Bettega.
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