mercoledì, ottobre 22, 2008

La Pantera e le Colombe


Una prevaricazione. Un abuso. Un sopruso. Una prepotenza. Una vera e propria violenza. Picchettare gli istituti scolastici e le università equivale a tutto questo. Equivale ad impedire a chi la pensa diversamente di esercitare i propri diritti, le proprie sacrosante libertà.

Domani gli studenti italiani ci riproveranno. Si piazzeranno davanti alle loro scuole e ai loro atenei e ne okkuperanno gli ingressi.

Non è il merito della protesta che ci interessa. Ognuno è libero di pensarla come vuole. Ma i discutibilissimi metodi con cui la si vorrebbe portare avanti. Metodi da squadristri, da nazi-fascisti, da comunisti stalinisti: qui comandiamo noi e a nessuno è data la possibilità di dissentire. Altrimenti, giù con le randellate. In quattro parole: violenza allo stato puro.

Un conto è manifestare, scioperare, sfilare in corteo, dissentire, inveire contro. Altro è, invece, utilizzare la forza per imporre le proprie ragioni. E di questo stiamo parlando. O no?

Negli anni delle Okkupazioni con la K ero studente universitario anche io. Il focolaio della protesta (contro la riforma Ruberti) si accesse a Palermo, si estese poi in tutt'Italia, passando anche da Messina, dalla mia facoltà, scienze politiche.

Li ricordo gli occupanti. Molti indossavano l'eskimo, qualcuno aveva i capelli rasta, altri vestivano più conformemente, parecchi rullavano, tutti filosofeggiavano. Li vedevi lì bivaccare tra aule e corridoi, discutere animosamente di minimi e massimi sistemi, con quell'aurea da dotti, da sapientoni, da chi insomma la sa lunga mentre tutti gli altri sono soltanto fessi e ignoranti.

Ma non erano la maggioranza Erano soltanto una minoranza che con la forza impediva al resto della facoltà di proseguire regolarmente con gli studi.

Non si trattò di un giorno, né di una settimana. L'occupazione andò molto oltre facendo saltare diverse sessioni di esami.

Ma col passare del tempo, tra i non occupanti incominciò a montare un certo malumore, che man mano si andò trasformando in una vera e propria ondata di controprotesta. C'era chi rischiava di vedersi slittare anche di un anno la laurea. Chi, invece, più miseramente temeva di partire militare non potendo dare la seconda preziosissima materia. Ma c'era anche chi riteneva non giusta quell'occupazione in quanto violenta. Appunto.

Fatto sta che un bel dì un gruppetto di studenti (una quindicina circa) formatosi spontanaemente lungo i corridoi della facoltà decise di rompere la tregua e di passare all'azione. Dieci di loro si diressero verso l'aula magna dove si stava tenendo l'ennesima assemblea. Entrarono correndo e urlando slogan a favore della liberazione. Furono momenti di altissima tensione. Si rischiò lo scontro fisico, anche perché dalla presidenza, cabina di regia dell'occupazione, scesero i rinforzi pro-occupanti.

Bingo. Il pesce aveva abboccato. I cinque che del gruppetto non avevano partecipato all'irruzione, si diressero, infatti, verso la stanza del Preside di Facoltà (momentaneamente lasciata sguarnita), si chiusero dentro a chiave e utilizzando il fax cominciarono a mandare iil seguente messaggio alle università di mezza Italia: Scienze Politiche, Messina, DISOKKUPATA.

Mezz'ora dopo intervenne la Digos. L'ordine pubblico ormai era stato ineluttabilmente messo a rischio. Si temevano incidenti. Di conseguenza, la facoltà fu sgomberata. Tutti fuori. Scienze Politiche ritornò libera.

Il giorno seguente i giornali e le televisioni locali titolarano: le Colombe liberano Scienze Politiche.

Non so perché scelsero quel termine (Colombe). Ma di sicuro non sbagliarono. Partecipando a quell'azione di controprotesta mi sembrò infatti di spiccare il volo verso la libertà: avevamo riconquistato uno spazio che altri avevano voluto occupare solo con la forza e la violenza.

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