Da una settimana l'ippica italiana è ferma. Ippodromi chiusi e corse annullate. E' in atto uno sciopero generale dei 70 mila addetti al mondo dei cavalli. La protesta nasce dalla profonda crisi che da anni attanaglia il settore. La maggior parte delle scuderie sono parecchio indebitate, mentre drivers e fantini, ad eccezione di pochi fortunati campioni, non riescono più a mettere assieme il pranzo con la cena. I sindacati di categoria chiedono l'intervento dello Stato per un rilancio del mondo dei cavalli, partendo innanzitutto da una decisiva ed efficiente riorganizzazione dell'Unire, l'ente, vigilato dal Ministero dell'Agricoltura, che finanzia l'ippica nazionale.
Non conoscevo questo mondo. L'ho scoperto soltanto un paio d'anni fa trasferendomi a Roma. Abito ad un passo da Tor di Valle ed una sera, una afosissima sera d'estate, vidi dal balcone di casa mia i fari dell'ippodromo illuminare a giorno l'intera zona. Mi sono detto: ecco, ho deciso cosa fare. Vado a vedere per la prima volta in vita mia una corsa di cavalli. Detto, fatto. Non vi nascondo che sono rimasto subito affascinato. Vedere trottare 20 cavalli tutti assieme è davvero emozionante. Quando ti passano davanti, lo spostamento d'aria che avverti è simile a quello di un treno in corsa. La forza e la bellezza di questi animali non hanno paragoni in natura.
La mia curiosità mi ha spinto oltre. Non mi bastava più vederli correre, ma volevo capire cosa succede dietro le quinte di una corsa, come i cavalli vengono allenati, cosa gli danno da mangiare, chi se ne prende cura. Insomma, il mattino successivo (era sabato) sono ritornato all'ippodromo ma dalla parte delle scuderie. Non mi dilungo con i dettagli di quanto visto, ma è stato lì che ho iniziato ad intrecciare rapporti amichevoli con alcuni addetti ai lavori, semplici artieri, ricchissimi proprietari e fin'anche qualche collega giornalista. Col tempo ho imparato molte cose che prima non conoscevo e oggi a distanza di due anni da quella mia prima visita ad un ippodromo, vi dico con molta franchezza che se l'Ippica chiude, mi dispiace per le famiglie che ci campano e per i veri appassionati, ma in fondo sono contento. E ora vi spiego il perché.
Le conoscenze di cui sopra, infatti, non solo mi hanno aiutato a farmi una cultura equina di medio livello, ma mi hanno soprattutto consentito di scoprire il nefasto mondo delle scommesse. Un mondo di fallimenti, di matrimoni finiti per colpa del gioco, di ricchi patrimoni sperperati nel giro di pochi mesi, di prestiti, di usurai, di gente finita praticamente in mezzo ad una strada, di professionisti diventanti poveracci, di poveracci diventati barboni. Ho raccolto storie per interposta persona, racconti di drammi altrui, ma anche tragiche vicende personali apprese dalle parole dei diretti interessati.
Conosco un tipo che prima di perdere tutto al gioco faceva l'idraulico, aveva una bella famiglia, una casa stupenda, ricchi guadagni, molte amicizie. Oggi vive dentro un furgone scalcinato, ci mangia e ci dorme, per i bisogni intimi usa i bagni dei locali pubblici, mentre per farsi una doccia è costretto una volta la settimana ad entrare abusivamente nello spogliatoio di una piscina comunale.
La febbre da cavallo ti prende e ti coinvolge. E' una spirale da cui non esci più. Se ci caschi sei praticamente finito. La mania del gioco è una vera e propria malattia compulsiva. Ci sono mille modi e mille occasioni per contrarla. Forse sta scritta nel dna delle vittime. Ma se per tua sfortuna la becchi con i cavalli, ne subirai le tragiche conseguenze molto più rapidamente che in altre circostanze. Tutto è più veloce., maledettamente più veloce. I soldi vanno via molto più celermente che in qualsiasi altro tipo di scommessa.
Ogni giorno sono almeno otto gli ippodromi italiani dove si svolgono corse ufficiali. In ciascuno di questi ippodromi le corse in programma sono almeno sette. Il conto è presto fatto: minimo 54 gare al dì a disposizione degli scommettitori. Un'enormità. Una corsa ogni cinque minuti per quattro, cinque ore consecutive, sette giorni su sette, per tutto l'anno, compresi Natale e Capodanno.
Ho visto persone giocare e perdere in pochi secondi migliaia di euro. A ripensarci ancora oggi mi vengono i brividi. Ma ho visto anche semplici impiegati, pensionati, operai, perdere cinquanta o cento euro al giorno. Molto di più delle loro possibilità economiche. Gente rovinata. E credetemi ne ho visti parecchi.
Scomettitori sono anche molti degli stessi drivers (non potrebbero farlo), molti degli stessi proprietari, insomma anche molti degli stessi addetti ai lavori. Ed allora, mi è spesso, anzi spessissimo, capitato di sentire parlare di acchittamenti, ovvero di gare falsate a tavolino per fare vincere questo o quello, di cavalli dopati, anzi di asini che all'improvviso sembrano diventare più forti di Varenne e vincono con dispersione sugli altri avversari. Ormai anche tra gli stessi scommettitori la fiducia sulla regolarità delle corse è praticamente a livello zero.
Chiacchiere da bar, si chiaro. Ma vedendo certe corse, il sospetto che tutto possa essere vero è più che fondato. Del resto, la cronaca giudiziaria degli ultimi mesi ci ha confermato la presenza anche della criminalità organizzata in certi ippodromi.
Insomma, uno schifo.
Non ho mai sentito parlare di famiglie rovinate per colpa del totocalcio o delle scommesse calcistiche. Ho sentito, invece, parlare di gente andata in malora per il vizio dei videopoker, dei casinò, delle carte. Ma credetemi, nulla rispetto a quanto i miei occhi hanno visto e le mie orecchie hanno sentito nel mondo delle corse ippiche.
Per qualche anno ho giocato la Tris. Tre euro il mercoledì e tre euro il venerdì per cercare di beccare il Quintè che solitamente si attesta sulle decine, a volte anche centinaia di migliaia di euro. Un investimento a perdere. Pochi spiccioli buttati lì, tanto per provarci.
Mi sento un fortunato. Forse nel mio dna non c'è il gene del vizio del gioco. Ho giocato la tris, così come ancora oggi gioco al superenalotto. Punto nella speranza di vincite consistenti che possano cambiarti la vita. Ma da qualche mese, quelle tre euro alla Tris ho deciso di non puntarle più. Non me la sento, infatti, di continuare a finanziare, sia pure con quote insignificanti, uno Stato che incassa annualmente centinaia di milioni di euro sulla pelle di centinaia di migliaia di famiglie italiane mandate in rovina per colpa del maledetto vizio dei cavalli.
Se l'ippica chiude, non ne sentirò la mancanza!!!