martedì, febbraio 20, 2018

Il mio viagra elettorale


Non so se andrò a votare. Non ho ancora deciso. Certo, il voto potrebbe essere sempre una buona scusa per smuovere le chiappe dalla routine romana, prendere un volo, scendere a Bagnara e ritemprarsi per un paio di giorni tra lunghe passeggiate in odor di mare e qualche buona cena a base di pesce, fresco. Magari sperando anche di incocciare uno squarcio di primavera anticipata con suggestive ancorchè splendide giornate di sole.

L’idea mi alletta. Ci sto pensando. Molto seriamente. La tentazione è forte. Tornare a “casa” è sempre un po’ come rinascere, al di là delle elezioni. Ma al momento resto titubante, incerto, non avverto ancora quello scatto erotico di cui parla il professore De Rita e che dovrebbe ringalluzzirmi e avvicinarmi alla fessura proibita, quella dell’urna, con lo scopo di ficcarci dentro il mio consenso liberatorio e godere della mia scelta. Purtroppo il mio istinto sessual-politico oggi è spento. Sono politicamente moscio e non vedo in giro viagra che possa ritirarmi su.

Niente e nessuno riesce, politicamente, ad eccitarmi. Né europeisti, né sovranisti. Ne partiti, ne movimenti. Ne leader nonni, ne leader “guaglioni”. Se poi faccio mente locale e richiamo alla memoria i nomi dei candidati nel mio collegio (di tutti i partiti, di tutti i movimenti) si rafforza in me l’idea di starmene a Roma per godermi quel fine settimana elettorale magari tra una visita alla Basilica di San Pietro e una passeggiata a Villa Borghese.

Tuttavia, qualcosa che mi stimola c’è. Anzi, c’è qualcuno che mi sta inducendo a rompere ogni indugio spingendomi a votare. Questi è Marco Travaglio, che leggo tutti giorni sebbene non ne condivida il modo iper aggressivo di fare giornalismo. Vuoi vedere che è proprio lui il Viagra che vado cercando?

Per carità. L'illustre direttore del Fatto Quotidiano nel suo pur discutibile modo di esercitare questa professione è formidabile. Tra l'altro i numeri, quelli relativi ai suoi lettori, gli danno ragione. Scrive divinamente. La sua prosa e il suo stile sono inconfondibili, spesso sconfina dal giornalismo alla satira strappando sorrisi, non le manda certo a dire e non teme confronti, dileggia chiunque la pensi diversamente da lui.  E in questo suo irridere con scherno non risparmia certo taluni colleghi giornalisti, smentendo di fatto quel vecchio adagio secondo cui “squalo non mangia squalo”.  Televisivamente poi è un fuoriclasse, perché come scrive parla, cioè bene. Si fa capire.

Tuttavia, allo stesso tempo irrita. Si, irrita, soprattutto quel suo modo di sentirsi “tre cazzi” sopra tutto e tutti, quel suo atteggiarsi a vate della verità assoluta, nient’altro che la verità. La sua. Irrita per l’ossessività della sue campagne contro. E già, perché la specialità di Travaglio è quella di andare contro. Prima contro Berlusconi, poi contro Renzi, oggi contro entrambi, cioè contro quel possibile governo Renzusconi che il Rosatellum potrebbe regalarci dopo che il voto avrà sancito l’assenza di vincitori.

Per carità, avrà pure le sue buone ragioni per contrastare politicamente entrambi. Non voglio entrare nel merito. Ma certo è odioso il modo in cui prova a combatterli facendo campagna elettorale in particolar modo a favore dei Cinquestelle. E soprattutto fa venire il voltastomaco quando definisce tutti gli elettori di Forza Italia e Pd persone comprate, ricattate e controllate. Non è cosi. Ci sono milioni di italiani che votano Renzi e Berlusconi (o meglio, chi per lui), senza essere né comprate, né ricattate, né controllate. Semplicemente ci credono.

Quasi quasi mi sto convincendo ad andare a votare proprio per un possibile Renzusconi.

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